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Il reportage. A Pyongyang si respira da tempo «un'aria nuova»

Piergiorgio Pescali (Pyongyang, Corea del Nord) venerdì 27 aprile 2018

Kim e Monn con due bambini al confine tra le due Coree (Ansa)

L’incontro tra Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in è ormai realtà, ma qui in Corea del Nord si respira da tempo una nuova aria. «Nel 2000 il vertice tra Kim Jong-il e Kim Dae-jung aveva fatto nascere nuove speranze nel dialogo tra Nord e Sud Corea. Le aspettative però sono state deluse dalla politica di chiusura di Seul e dell’ostilità dimostrata dalle amministrazioni Bush e Obama verso il popolo nordcoreano », dice con piglio propagandistico Unsil, un funzionario che ci accoglie all’aeroporto di Pyongyang. La fiducia che il nuovo meeting non si areni come il precedente è, a differenza di quanto si subodorava nel 2000, più palpabile, come confermano Kyung-ah e Hyeyoung, due studentesse dell’Università di Scienza e Tecnologia di Pyongyang, l’ateneo privato finanziato dalla Chiesa evangelica sudcoreana: «Le premesse di una buona riuscita ci sono tutte; il popolo americano ha scongiurato la salita della guerrafondaia Clinton e Moon Jae-in sta guardando alla Corea del Nord in modo meno ostile rispetto ai suoi predecessori».

Più a nord, lontano dalla capitale e dai riflettori della politica, la popolazione si fa meno illusioni: a Samjiyon, poco distante dal mitico monte Paektu, la gente è più impegnata a contrattare le merci cinesi vendute in un mercato privato che a seguire gli sviluppi dell’imminente incontro tra i due leader coreani. «Kim Jong-un è un leader illuminato, e oggi viviamo meglio che nel 2000» è il laconico commento “standard” che si sente tra le bancarelle che vendono anche prodotti sudcoreani e giapponesi. Le vecchie generazioni, abituate a enfatici commenti di sviluppo e di miglioramento delle condizioni di vita spesso disattesi, non si fanno illusioni; tuttalpiù sperano che i loro figli o i nipoti possano crescere in una nazione più opulenta e libera, a prescindere dagli incontri o dai proclami del governo. A differenza di altri periodi, però, i toni verso Seul si sono fatti meno accesi e ostili: i coreani del Sud non sono più nemici, ma cugini o, a volte, fratelli separati. Un segno che la politica di Pyongyang sta realmente cambiando, non solo verso l’esterno, ma anche nel suo interno.

Un assaggio di questa trasformazione la si trova visitando – ottenuti i permessi – la casa della famiglia Mun, alla periferia di Kaechon. Sei persone, madre, padre, due figli, la nonna paterna e la zia materna, si dividono un nuovo appartamento di 50 metri quadrati dato loro dallo stato. La ditta cinese che ha costruito lo stabile ha utilizzato tecniche di risparmio energetico oggi sempre più richieste in Corea del Nord: ampie finestre per far entrare più luce, muri isolati per contenere la dispersione di calore, persino condizionatori Daewoo per rinfrescare le torride temperature estive. Sediamo attorno al kotatsu mangiando la cena proprio quando, nello schermo del televisore da 40 pollici, appare Ri Chun-hee, la popolare presentatrice televisiva, la quale annuncia la sospensione del programma nucleare. Il capo famiglia, Hyun-woo, è un fisico nucleare che lavora a Yongbyon, il centro di ricerca a una mezz’ora di strada da Kaechon. Avrà ancora il lavoro dopo questa decisione? «Sospensione non significa denuclearizzazione, e il programma di ricerca non verrà di certo interrotto. Potrei anche essere spostato a Pyongyang». Gli occhi di Chae-young, la moglie, si illuminano al sentire pronunciare il nome della capitale. Molti in Nord Corea sognano di abitarvi, magari in uno dei nuovi quartieri di Ryomyong o lungo la Mirae Scientist’s Street. Dal 2013, anno in cui è stata ufficialmente varata la nuova politica del byunjin (letteralmente «sviluppo parallelo») il Paese è stato stravolto da un fervore sociale e economico mai visto prima; un aspetto che molti media occidentali non hanno mai colto. Eppure sarebbe bastato seguire da vicino le mosse di Kim Jong-un per capire, sin dall’inizio, che gli scenari apocalittici di future Terze Guerre mondiali profetizzati da molti erano assolutamente inconsistenti.

Al contrario, il leader nordcoreano è riuscito a ribaltare l’equilibrio di forze interno, togliendo ai militari quel potere pressoché assoluto di cui erano stati investiti da Kim Il-sung e Kim Jong-il, avviando la Corea del Nord verso un percorso di sviluppo politico e economico che, attraverso il nucleare, ha trovato sbocco nel summit con il Sud e, in successione, con il presidente statunitense Trump. Davanti ad una caraffa di birra prodotta dal locale birrificio, a Kaesong troviamo Chi-hwan, proprietario della Bed and breakfast. Lui, originario del Sud, nutre molte speranze nei colloqui di Panmunjom, anche se, come è logico che sia, pensa sia inappropriato definirli colloqui per una riunificazione della penisola. «Penso che neppure i nostri nipoti potranno vedere una Corea unita». Settant’anni di divisione hanno creato due nazioni per molti aspetti antitetiche e le diversità esistenti non possono essere colmate così facilmente e in breve tempo.