La Santa Sede guarda alla Conferenza di Ginevra con l’auspicio che «i delegati presenti lavorino insieme, con spirito di dialogo e di accoglienza reciproca, per mettere fine ad ogni forma di razzismo, discriminazione e intolleranza». In tal modo, infatti, si può segnare «un passo fondamentale verso l’affermazione del valore universale della dignità dell’uomo e dei suoi diritti, in un orizzonte di rispetto e di giustizia per ogni persona e popolo». Così domenica scorsa Benedetto XVI, nei saluti dopo il Regina Coeli, ha espresso i propri «sinceri voti» per il successo della Conferenza Onu 'Durban-2', apertasi ieri tra le polemiche nella città svizzera. Per Papa Ratzinger infatti «si tratta di un’iniziativa importante perché ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, si registrano tali deplorevoli fenomeni». Secondo il Pontefice, a partire dalla Dichiarazione di Durban, sottoscritta nel 2001, «si richiede un’azione ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza. Occorre, soprattutto, una vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti fondamentali». A definire la Conferenza «un’occasione importante per portare avanti la lotta contro il razzismo e l’intolleranza» è stato poi ieri il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, sottolineando che è con quelle «intenzioni che «la Santa Sede vi partecipa, e intende sostenere lo sforzo delle istituzioni internazionali per fare dei passi avanti in questa direzione». «La grande maggioranza dei Paesi del mondo – ha aggiunto – vi partecipa e la bozza concordata venerdì scorso è in sé accettabile, essendone stati tolti gli elementi principali che avevano suscitato obiezioni. Naturalmente interventi come quello del Presidente iraniano non vanno nella giusta direzione, poiché anche se non ha negato l’Olocausto o il diritto all’esistenza di Israele, ha avuto espressioni estremiste e inaccettabili. Per questo è importante continuare ad affermare con chiarezza il rispetto della dignità della persona umana contro ogni razzismo e intolleranza. Ci auguriamo che la Conferenza possa ancora servire a questo scopo» e «questo è certamente il senso dell’impegno della de- legazione della Santa Sede nella continuazione dei lavori». Una risposta, quella di Lombardi, ad alcune critiche mosse alla presenza del Vaticano a Ginevra, che per esempio il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni ha visto come «un segnale di difficile comprensione, l’ennesima iniziativa incauta del Pontefice, che si somma alla lista dei precedenti scivoloni nei rapporti con l’ebraismo». Ma, come evidenziato già da monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente all’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, la Santa Sede, dice, «non è legata a nessuna posizione politica di carattere immediato, va direttamente al cuore del problema, che è un problema umano di grande importanza». Per Tomasi l’assenza di alcuni Paesi crea per questo «un po’ di disagio, nel senso che non si capisce bene, dopo che l’ultimo negoziato ha eliminato dalla proposta di documento i punti che erano stati sollevati». E cita in particolare «la questione dell’antisemitismo: in questo documento viene riaffermato che bisogna combattere ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di cristianofobia». Allo stesso modo «si fa una menzione esplicita dell’Olocausto, che non si deve dimenticare, e si fa poi una riformulazione del diritto alla libertà di espressione in maniera molto chiara, dicendo che esso deve essere sostenuto e mantenuto». Il presule precisa anche perché non ha lasciato la sala della Conferenza durante il discorso del presidente iraniano Ahmadinejad, nonostante abbia «usato espressioni con le quali veramente non si può essere d’accordo». Col segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e si è «pensato di rimanere – afferma Tomasi –. Se ci fosse stato un attacco contro l’esistenza dello Stato d’Israele, o un’affermazione diretta o indiretta verso la sua eliminazione, oppure espressioni che avessero negato il fatto storico dell’olocausto, certo che anche noi avremmo preso una decisone diversa». Quanto alla bozza finale, «è chiaro che non è un documento perfetto: ci sono dei paragrafi che col tempo e la pazienza si possono migliorare, ci sono cose storiche che si possono precisare, ma la sostanza è buona». Per questo, in riferimento a chi ha deciso di boicottare la Conferenza, l’osservatore ricorda quanto detto da Ban Ki-moon che, citando Roosevelt, ha affermato che «se si vuole ottenere un cambiamento, bisogna essere nell’arena per combattere». «Secondo me – insiste Tomasi – in questa Conferenza si dà un messaggio etico nei confronti delle nuove forme di discriminazione. E poi c’è anche una dimensione politica che non va sottovalutata: e cioè che messaggio diamo, ai Paesi africani, o alle comunità di immigrati, se non partecipiano attivamente a sostenere un combattimento serio per l’eliminazione di ogni forma di razzismo?».