Unione Europea. Respinto blitz sull’aborto tentato da otto donne polacche
La Corte europea per i Diritti umani
“Inammissibile». Così la Corte Europea dei Diritti umani (Cedu) ha rispedito al mittente il ricorso con cui otto donne polacche hanno tentato di ribaltare la legge che a Varsavia vieta l’aborto in caso di anomalie del feto.
Le norme che regolano in Polonia l’interruzione volontaria della gravidanza sono tra le più restrittive d’Europa. Risale a ottobre 2020 il pronunciamento con cui la Corte Costituzionale chiarì che l’aborto può essere praticato solo se la donna è stata vittima di stupro o incesto. O se la gestazione ne mette a rischio la vita. L’idea che possa essere concesso anche in caso di malformazioni del nascituro, precisava la sentenza, «è incompatibile con la Costituzione». Centinaia di persone scesero in strada, nella capitale, a protestare contro la stretta mentre la polizia in tenuta antisommossa creava un cordone di sicurezza a proteggere l’abitazione di Jaroslaw Kaczynski, leader di “Diritto e Giustizia” (PiS), il partito ultraconservatore al governo.
Il ricorso alla Corte di Strasburgo è maturato in questo contesto. Più di mille donne lo hanno presentato riempendo un modulo online precompilato dalla Ong Federa (Federation for Women and Family Planning). Solo alcune, tuttavia, hanno dichiarato di essere affette da patologie che avrebbero potuto causare concepimenti imperfetti. Diverse si sono limitate a denunciare che avrebbero rinunciato al progetto di una gravidanza per paura di non poter esercitare il diritto all’aborto.
La decisione maturata ieri alla Cedu riguarda solo otto di quelle donne. Tutte di età compresa tra 30 e 43 anni. I sette giudici europei hanno respinto all’unanimità i loro ricorsi perché non hanno prodotto «prove ragionevoli e convincenti» della probabilità di concepire un feto malformato. In pratica, non hanno dimostrato di essere «direttamente» esposte alle conseguenze della stretta legislativa. Ai magistrati le loro istanze sono suonate come «ipotetiche», «remote e astratte». La Corte ha inoltre osservato che la legge polacca garantisce comunque l’aborto se la gravidanza mette in pericolo la vita o la salute della madre.
Le associazioni “pro-choice” non si arrendono e aspettano il pronunciamento sugli altri mille appelli. Jakub Jaraczewski, coordinatore di Democracy Reporting International, afferma: «Molti non sono affatto ipotetici». Dal Tribunale di Strasburgo è atteso inoltre un chiarimento su un’altra obiezione. Alcuni ricorsi contestano la legittimità di una sentenza emessa da una Corte costituzionale non imparziale.