Usa. Il «muro» di Trump non ferma la fuga dal Centroamerica
Tolleranza zero contro l’immigrazione illegale, detenzione di tutti coloro che valicano un confine americano senza documenti e la rinnovata promessa di completare il muro fra gli Stati Uniti e il Messico. L’Amministrazione Trump indurisce ulteriormente la sua linea contro i migranti, eppure gli aspiranti rifugiati continuano a premere sulla frontiera meridionale Usa, spinti da una nuova ondata di violenza in America centrale e dal taglio (previsto almeno al 36 per cento per il 2018) ai piani di aiuto americani per la sicurezza dei loro Paesi.
Secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati (Acnur), nel 2017 le domande di asilo da parte di centroamericani sono cresciute del 38 per cento rispetto all’anno precedente. La maggior parte viene presentata negli Stati Uniti, ma un numero crescente di profughi è costretto a fermarsi in Messico in attesa di poter entrare negli Usa, dove gli arresti al confine si sono moltiplicati. L’Amministrazione Trump ha aumentato il numero di agenti schierati alla frontiera e ha assicurato che perseguirà penalmente chiunque attraversi in modo irregolare il confine tra Stati Uniti e Messico: una svolta rispetto alla pratica Usa di lunga data che prevedeva la semplice espulsione dei migranti senza precedenti penali. Il ministro alla Giustizia Jeff Sessions ha di recente inviato 35 nuovi procuratori criminali al confine sud-occidentale Usa e ha assegnato 18 giudici dell’immigrazione alla gestione dei casi arretrati. Sono tutte misure che sperano di inviare un forte messaggio di deterrenza a chiunque intenda attraversare illegalmente o presentarsi ai porti di ingresso per chiedere asilo.
Donald Trump ha promesso ieri di inasprire le leggi americane sull’immigrazione che «sono le peggiori al mondo» e di continuare la sua battaglia contro gli Stati e le città santuario che offrono rifugio ai migranti. Il presidente Usa è al momento impegnato di un confronto serrato con la California, il cui governatore democratico, Jerry Brown, ha firmato una legge che proibisce alla polizia ordinaria di verificare i documenti di soggiorno di ogni persona fermata o di aiutare gli agenti migratori federali a portare a termine retate o deportazioni. Una misura che il capo della Casa Bianca ha definito «letale e incostituzionale», perché «offre protezione ad alcuni dei più brutali e violenti criminali sulla Terra, dei veri animali». In contrapposizione all’approccio della California, Trump ha messo in evidenza i progressi compiuti sul fronte del muro con il Messico e chiesto al Congresso più fondi per portarlo avanti. Nonostante la crescente difficoltà nell’accedere agli Stati Uniti, gli abitanti di Honduras, Guatemala e El Salvador sostengono, però, di non aver altra scelta che di abbandonare i loro Paesi, dove città intere sono controllate da bande criminali che reclutano a forza i giovani e minacciano di morte le loro famiglie.
L’Amministrazione Trump, però, sembra voler reclutare anche le scuole nel contenimento dell’immigrazione negli Stati Uniti. Betsy De-Vos, ministro dell’Istruzione, durante un’audizione al Congresso, ha affermato che tutti gli istituti d’istruzione del Paese possono denunciare alle autorità gli studenti immigrati senza documenti. L’affermazione si scontra con una sentenza della Corte Suprema, che impone alle scuole pubbliche di garantire l’istruzione dei bambini a prescindere dal loro status legale.
Intanto continuano a moltiplicarsi i guai dell’avvocato personale di Trump, Michael Cohen. Ieri la Bbc rivelava che il legale avrebbe incassato in segreto da Kiev 400mila dollari per favorire un incontro fra il leader della Casa Bianca e il presidente ucraino filooccidentale Petro Poroshenko, avvenuto nel giugno scorso a Washington. Cohen non è registrato come legale o lobbista nel Paese ex sovietico e non può percepirvi onorari.