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Corea del Nord. «Trasportato un missile verso la costa»

Luca Miele martedì 5 settembre 2017

La Corea del Nord sta trasportando verso la costa occidentale un razzo che sembrerebbe essere un missile balistico intercontinentale (Icbm). A riferirlo è stato stamane, citando una fonte anonima, l'Asia Business Daily, testata sudcoreana. Le operazioni sarebbero iniziate lunedì con lo spostamento in programma solo di notte per evitare la sorveglianza indiscreta dei satelliti spia. La circostanza non è stata confermata dai militari di Seul che, sempre lunedì, hanno riferito però come Pyongyang sia in grado di lanciare un Icbm in qualsiasi momento.


L'intelligence di Seul, Nis, ha invece messo in guardia dai rischi di un nuovo test nucleare, anche in questo caso possibile in ogni momento, e di lanci di altri missili balistici intercontinentali individuando il 9 settembre, anniversario della fondazione dello Stato, e il 10 ottobre, giorno della nascita del Partito dei Lavoratori, come date sensibili. In un'audizione parlamentare, l'agenzia ha chiarito che l'analisi su due dei 4 tunnel del sito atomico di Punggye-ri mostrano "che una detonazione è sempre possibile".

Il mondo condanna il test nucleare

La condanna è unanime, dal G7 («test irresponsabile») ai Brics («deplorevole»). Così come la richiesta rimbalzata da più parti alle porte del Consiglio di sicurezza dell’Onu: per ricondurre all’ovile il sempre più imprevedibile regime nordcoreano servono «sanzioni». Il giorno dopo la nuova «provocazione» di Kim Jong-un – il sesto test nucleare condotto domenica dalla Corea del Nord, il più potente della sua storia –, il mondo fa i conti con quella che sembra una “partita” sempre più spregiudicata, un azzardo che sta trasformando questo Paese di 23 milioni di abitanti – molti dei quali ridotti alla fame – in un membro a tutti gli effetti del ristretto club nucleare. Una carta che, per molti analisti, Kim sta giocando con un fine preciso: assicurarsi la sopravvivenza grazie a una sorta di intoccabilità garantitagli dalla forza nucleare. Serviranno nuove sanzioni a piegare il “condottiero” nordcoreano e infiacchire un regime che, da almeno due decenni, fa i conti con l’ostracismo internazionale? Per ora la strada che tutti gli attori in gioco intendono seguire è quella delle sanzioni.

Le chiedono, all’Onu, innanzitutto i leader del G7. Che recapitano alle Nazioni Unite un messaggio esplicito: «Siamo pronti a rafforzare ancora le misure che puntano a raggiungere » l’obiettivo di fermare i test nucleari e «richiamiamo con forza l’Onu ad assumersi le sue responsabilità e lavorare per l’adozione di una nuova ed efficace risoluzione che includa misure più forti». Le chiudono, ovviamente, gli Usa che premono perché il Consiglio si esprima in tempi rapidi: «Soltanto le sanzioni più dure ci permetteranno di risolvere questo problema attraverso la diplomazia», ha dichiarato l’ambasciatore americano, Nikki Haley. Le invocano la Francia e la Gran Bretagna. Le chiedono, infine, i Paesi più esposti alla minaccia nordcoreana: Seul e Tokyo. Ma la voce grossa è arrivata anche dai Paesi, tradizionalmente più “morbidi” nei confronti della Corea del Nord.

A cominciare dal gigante asiatico che per anni è stato il garante della sopravvivenza del regime nordcoreano e che più di altri – secondo gli analisti internazionali – ha da temere da un cambiamento repentino (e violento) dello status quo: la Cina. Un collasso della Corea creerebbe uno spaventoso esodo, così come turberebbe l’equilibrio regionale che Pechino ha interesse a mantenere. La Cina ha presentato così «una forte protesta formale» all’ambasciata della Corea. «Qualsiasi lancio o test nucleare è impedito dalla risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu » e la Cina, che esclude dalle opzione quella «militare», è impegnata a favorire una soluzione della questione nordcoreana «in modo pacifico attraverso il confronto e il dialogo». Non solo. La Cina non escluderebbe la possibilità di appoggiare l’Onu sull’embargo totale del petrolio al regime di Pyongyang. La possibilità di utilizzare questa arma è stata vagliata da Stati Uniti e Giappone, secondo informazioni divulgate da Tokyo.

Su questo punto, un portavoce del ministero degli Esteri cinese non ha respinto il progetto pubblicamente limitandosi a spiegare che la risposta al sesto test atomico nordcoreano «dipende dalle discussioni tra i membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Una ferma condanna è arrivata anche dal presidente russo Vladimir Putin: l’ultima sfida di Kim «mette a repentaglio la sicurezza e la pace nella regione». A muoversi non è solo la diplomazia. Ieri mattina Seul ha testato i propri missili balistici simulando un attacco a una un sito nucleare nordcoreano. Lo scopo dell’esercitazione, ha sottolineato il portavoce Roh Jae-cheon, «non è solo quello di distruggere l’origine della provocazione ma anche la leadership del nemico e di sostenere le nostre forze in caso di minaccia alla sicurezza del nostro popolo».