Mondo

Intesa con la Santa Sede. Il Messico si impegna a difendere i migranti

mercoledì 16 luglio 2014
Una migrazione dal volto umano. In cui il rispetto della persona e dei suoi diritti sia inviolato e inviolabile. «Poiché i migranti sono il volto sofferente di Cristo oggi ». Un volto che il mondo si sforza di non vedere. «Mentre le frontiere si aprono per il commercio, il denaro, le nuove tecnologie, le persone soffrono molteplici restrizioni e abusi, che li rendono vulnerabili». È stato forte e inequivocabile il messaggio lanciato da monsignor Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, a Città del Messico in occasione il Forum Messico-Santa Sede su migrazione internazionale e sviluppo, terminato ieri. Prima della conclusione c’è stato l’atteso incontro tra il cardinale Parolin e il neo-presidente Enrique Peña Nieto. Quest’ultimo – oltre aver rinnovato l’invito nel Paese a papa Francesco già presentato nell’incontro con il Santo Padre in Vaticano – ha ribadito il suo impegno per lo sviluppo sociale. In modo da eliminare la povertà – ancora alla quota record di 53 milioni di persone, oltre il 40 per cento della popolazione – che spinge tanti, troppi a partire.  Alla fine, la dichiarazione del Forum ha raccolto in pieno le suggestioni del segretario di Stato. «Condividiamo la necessità di privilegiare la dignità umana e l’unità familiare come asse centrale per l’interpretazione del fenomeno migratorio», si legge nel documento conclusivo. L’incontro ha visto intorno allo stesso tavolo esponenti del governo e della Chiesa locale oltre agli esecutivi dei Paesi confinanti: Guatemala, Honduras e El Salvador. Da qui proviene il 90 per cento delle 400mila persone che, ogni anno, attraversano il Messico nel viaggio verso l’El Dorado americano. Ed è su questa strada accidentata dalla frontiera Sud alla Linea (il confine Usa), che il sogno si trasforma in incubo. Decine e decine di migranti – forse centinaia – finiscono preda del crimine organizzato. Che li sequestra per reclutarli o per rivenderli nel mercato del sesso, degli organi, della pedofilia. Nessuno li cerca poiché nessuno sa che si trovano in Messico: sono “irregolari” dunque per la legge non esistono. I narcos chiedono cento dollari a ogni stazione del treno merci per lasciar proseguire gli “indocumentados” che vi viaggiano aggrappati al tetto. A preoccupare è il fatto che la violenza centramericana abbia fatto crescere esponenzialmente il flusso. I baby migranti – quasi 60mila minori soli sono stati fermati all’entrare in territorio statunitense in nove mesi – sono solo la punta, terribilmente drammatica, di un enorme iceberg. Ben lo sa la Chiesa che con le sue oltre cento case-rifugio offre una delle poche forme di assistenza agli irregolari. «Il Forum ha voluto essere anche un riconoscimento allo straordinario lavoro svolto dai sacerdoti, religiosi, laici che spendono la loro vita, ogni giorno, per aiutare gli irregolari», dice ad  Avvenire monsignor  Eugenio Lira, segretario della Conferenza episcopale messicana (Cem) e arcivescovo di Tlanepantla. Un impegno rischioso, come dimostrano le continue minacce subite dagli attivisti pro migranti soprattutto da parte del crimine organizzato. Amnesty International ha diffuso l’ennesimo rapporto-denuncia appena qualche giorno fa. Ma la Chiesa – ha sottolineato monsignor Lira – «è in prima linea per i migranti e continuerà ad esserlo». In particolare, dal Forum, sono emerse due filoni di lavoro. Il primo riguarda l’assistenza diretta, attraverso i rifugi sparsi nei punti “sensibili” del territorio messicano. Il secondo implica l’azione continua di comunicazione per andare oltre gli stereotipi e favorire la cultura dell’incontro.  «È ricordare sempre che i migranti sono prima di tutto esseri umani», ha concluso il segretario della Conferenza episcopale. L’ultima dimensione riconosce la necessità di lavorare con i vicini per realizzare politiche inclusive. Il fine è far sì che – come ha ricordato il segretario di Stato – la migrazione non sia intesa come una «questione di sicurezza» bensì un dovere di solidarietà.