La strage. Praga, il killer aveva un arsenale in casa. La polizia era già sul posto
Il dolore e il lutto davanti alla sede dell'università di Praga dov'è avvenuta la strage
«Odio tutti, tutti mi odiano» aveva scritto il killer. Ma la polizia ceca cerca il preciso movente che ha spinto David Kozak, in apparenza studente modello, iscritto alla facoltà di Lettere e con regolare porto d'armi ma un arsenale in casa, a sparare e uccidere 13 persone, tra cui molti studenti, e ferirne più di 20, nella prestigiosa università di Praga. L'attentatore potrebbe avere altri morti sulla coscienza: la polizia ritiene che abbia ucciso il padre e forse anche due persone, un papà di 32 anni e la figlia di due mesi, ritrovati morti alcuni giorni fa nella foresta di Katovice, alle porte di Praga. E intanto la Repubblica ceca, all'indomani del peggior massacro della sua storia, piange i suoi morti: domani sarà giornata di lutto nazionale.
La strage è avvenuta nell'edificio situato vicino al fiume Moldava in piazza Jan Palach, un'area che in queste giornate natalizie è affollata di turisti. Il ministro dell'Interno, Vit Rakusan, ha assicurato che gli investigatori non sospettano alcun legame ideologie o gruppi estremisti.
Nell'abitazione del killer è stato trovato un ordigno composto da «bombole, munizioni, materiale pirotecnico e sostanze chimiche», ha detto una fonte vicina alle indagini. «La cantina sembrava un bunker. La bottiglia era grande, aveva diversi cavi collegati ad essa, che conducevano ad altre apparecchiature. A mio parere, conteneva un sistema che avrebbe causato l'esplosione», ha dichiarato il testimone.
Un nerd affascinato dalle armi. «Voglio causare dolore»
Una laurea, pare addirittura premiato per la sua tesi sulla storia polacca del XIX secolo, il 24enne viene descritto da chi lo conosceva come un nerd, introverso e affascinato dalle armi. L'hanno trovato morto al termine del convulso pomeriggio, pesantemente armato e con munizioni: non è chiaro se si sia suicidato o sia deceduto per le gravissime ferite riportate.
Il suo piano era stato annunciato via Telegram: «Voglio sparare a scuola e magari suicidarmi». Su un canale aperto poco tempo fa e con pochi iscritti, Kozak aveva scritto che si ispirava ad Alina Afanaskina, la 14enne che lo scorso 7 dicembre ha sparato col fucile del padre in una scuola di Bryansk, in Russia, uccidendo due compagni prima di togliersi la vita. «Ho sempre voluto uccidere, pensavo che sarei diventato pazzo in futuro. Mi sono reso conto che era molto più proficuo fare una strage piuttosto che omicidi seriali. Mi sono seduto. Ho aspettato. Sognato. Volevo... Ma a un certo punto è arrivata Alina, è stato come se fosse venuta in mio aiuto dal cielo appena in tempo. Odio tutti, tutti mi odiano, voglio causare il maggior dolore possibile».
Una soffiata aveva avvisato la polizia
Ieri pomeriggio, Kozak doveva partecipare a una lezione programmata, si è recato a Praga dal suo villaggio natale, Hostoun. La polizia ha ricevuto una soffiata ed è accorsa, ma non è bastato. Quando sono cominciati gli spari, gli studenti si sono chiusi nelle aule per sfuggirvi, spingendo banchi e sedie contro le porte, nascondendosi sotto i tavoli; ha fatto il giro del mondo l'immagine di un gruppo di giovani appollaiati sotto un cornicione sporgente, sotto una finestra in alto dell'edificio.
Delle 25 persone ferite, 10 sono in gravi condizioni. Non ci sono stranieri tra le vittime. Per domani il premier Petr Fiala ha invitato tutti a un minuto di silenzio a mezzogiorno quando suoneranno le campane; anche le bandiere degli edifici governativi sventoleranno a mezz'asta per tutta la giornata di sabato.