Mondo

LA MOBILITAZIONE. Il grido per Asia: «Liberatela»

Stefano Vecchia giovedì 21 aprile 2011
Ieri il mondo ha pregato per Asia Bibi. Un’iniziativa, quella di una “Speciale Giornata di Preghiera”, che ha inteso tenere alta l’attenzione sul caso della cattolica condannata a morte per blasfemia in Pakistan. «Crediamo sia importante sollecitare la comunione universale dei fedeli per i casi di persecuzione come quello di Asia Bibi», ha spiegato all’Agenzia Fides Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Foundation” che ha promosso l’evento e che in Pakistan si occupa dell’assistenza legale della donna e della protezione dei suoi parenti. Numerose le adesioni da ogni parte del mondo con Messe, veglie di preghiera, fiaccolate e adorazioni eucaristiche. Tra le centinaia di istituzioni, associazioni, gruppi che hanno aderito ci sono le Clarisse di Lovere (Italia), i Francescani di Thuc Duc, in Vietnam, la diocesi camerunense di Batouri, le suore di San Giuseppe di Tarbes, in Brasile, le comunità cristiane della Nuova Zelanda e quelle indigene dell’Amazzonia. E, poi, ancora, le Missionarie della Consolata, i Frati del Sacro Cuore, le parrocchie di Francia, Spagna e Regno Unito. Particolarmente numerose le iniziative in Pakistan, dove il “caso” di Asia Bibi ha riaperto il dibattito sull’uso arbitrario della legge e sulla scarsa tutela delle comunità cristiane. Le Pontificie Opere Missionarie del Pakistan hanno mobilitato bambini e ragazzi delle scuole; le comunità cristiane nel Punjab, la provincia più colpita dall’intolleranza e da un uso aberrante della “legge antiblasfemia”, si sono raccolte in preghiera. Il vescovo di Islamabad, monsignor Rufin Anthony, ha spiegato all’Agenzia Fides di essere profondamente toccato dalla fede di Asia Bibi ed ha esortato tutti i cristiani ad accendere una candela perché la donna possa tornare presto con la sua famiglia. Per quanto deboli possano arrivarle gli echi delle iniziative a suo favore, Asia Bibi non potrà che esserne sollevata. La lunga detenzione e le cattive condizioni igieniche del carcere di Sheikhupura dove è rinchiusa in isolamento, l’avrebbero portata a un forte stato di prostrazione. Indebolita dal digiuno quaresimale che ha voluto proseguire contro il parere dei medici, dopo essere stata colpita le scorse settimane da una malattia esantematica, forse varicella, la 37enne madre di famiglia attende da quasi sei mesi l’apertura del processo d’appello contro la condanna a morte decisa dal tribunale lo scorso novembre. La sua vicenda in questi mesi drammatici per la cristianità pachistana, si è intrecciata con quella dell’ex governatore del Punjab, Salman Taseer, e con quella del ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, entrambi assassinati per mano di islamisti radicali per avere preso le sue difese e di fatto rivendicato il primato dell’eguaglianza e della legalità su un uso personalistico e discriminatorio della legge religiosa.