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UNA GUERRA SENZA ARMI. Il grande occhio cinese

Francesco Palmas giovedì 13 agosto 2009
Quando scrisse L’arte della guerra, Sun Tzu riservò un intero capitolo all’encomio dello spionaggio. Mancava­no 300 anni alla nascita di Cristo e l’elite cinese mostrò di aver ben chia­ri i vantaggi tattico strategici di una seria intelligence. Il dominio mongolo non fece che su­blimare le idee di sorpresa, mobilità e astuzia, già professate dal filosofo del IV secolo. Il Paese le assimilò tal­mente che la Costituzione autorita­rio- repubblicana del 1982 non poté fare a meno di elevare im­plicitamente lo spio­naggio a dovere civi­co (artt. 53-54). Tut­tora vigente, la Carta dell’ 82 esorta il po­polo a preservare i segreti dello Stato (e a supportare gli or­gani dell’intelligence nazionale). L’apparato spionisti­co è estremamente ramificato, con ap­pendici che arrivano al singolo, attraverso una catena di con­trollo policentrica e pervasiva, dominata all’apice dal Comita­to centrale del Parti­to comunista. Che si tratti del ministero per la Sicurezza na­zionale, del dicastero di Pubblica sicurez­za, del portafoglio dell’Industria infor­matica o dei servizi militari, la dire­zione e il coordinamento degli 007 spettano al Partito o, meglio, al Co­mitato centrale per la gestione glo­bale della sicurezza sociale, sua e­manazione. Invero lo stesso Partito comunista è monocratico e verticistico solo in ap­parenza. Le fazioni interne si dispu­tano il potere divise in clan con­trapposti. Dispongono di apparati collaterali d’intelligence, di cui è spesso difficile discernere i compo­nenti e l’articolazione periferica. Ma una cosa è certa: ad ogni livello, il compito informativo è svolto con spregiudicatezza ed estrema effi­cienza, soprattutto se siano in gioco gli interessi nazionali e la proiezio­ne esterna del Paese. Interrogato sul tema, il ministro per la Sicurezza nazionale ha confer­mato un sospetto diffuso: le spie ci­nesi all’estero sono decine di mi­gliaia. Secondo l’intelligence ameri­cana, la sola rete del Dicastero a­vrebbe nodi in almeno 50-60 Paesi e agenti sotto copertura in banche, compagnie logistiche e commercia-­li, aziende hi-tech, ambasciate, uni­versità e media ( Xinhua e altri). Dal­l’Mi- 5 inglese al Bfv tedesco, dall’Scrs canadese all’Fbi, i servizi occi­dentali, che pure so­no assai attivi nel­l’intelligence econo­mica e non senza 'macchia', concor­dano nell’imputare alla Cina il primato nei reati di spionag­gio industriale. Dagli anni 50 del ’900, la nomencla­tura al potere va forgiando una scuo­la elitaria d’intelligence economica, sintesi del pensiero strategico au­toctono e del più avanzato savoir fai­re statunitense. All’Accademia delle Scienze di Pechino, fucina di esper­ti e spie, è usuale imbattersi nei mi­gliori ingegneri informatici ed elet­tronici, cresciuti col mito del potere 'imperiale', che si fa grande e aspi­ra a competere in tutti i segmenti produttivi. L’ottima base industria­le e l’aggressività dei servizi civili­militari fanno della Cina un concor­rente temibile, impareggiabile nel­l’arte della reingegnerizzazione. L’intelligence nazionale sa discrimi­nare gli obiettivi: dalla rivoluzione dottrinaria delle armi da fuoco alla guerra fra insiemi di reti, è sempre stata affascinata dalle innovazioni militari dell’Occidente. Quanto suc­cesso nelle prime fasi delle opera­zioni Enduring Freedom e Iraqi Free­dom non è passato inosservato ai suoi analisti. Mai come oggi i siste­mi d’arma integrano saperi polidi­sciplinari e duali: informatica, mec­canica quantistica, fisica relativisti­ca, chimica organica e inorganica, dinamica ed elettrodinami­ca. Le aziende straniere hi-tech so­no costantemente monitorate dal­l’esercito popolare, che non esita a servirsi di Internet per sottrarre informazioni confidenziali. Emuli del Kgb sovietico, gli 007 ci­nesi son riusciti a corrompere fun­zionari statunitensi dell’Aeronauti­ca, del Pentagono e della Boeing. Di più: hanno ottenuto informazioni top-secret sulla tecnologia spaziale, progetti di vettori strategici e da cro­ciera, know-how per la visione not­turna, sensori radar e apparati di co­municazione, codici sorgente e si­stemi duali. Molti cinesi che si recano all’estero sono spie potenziale. Dottorandi, funzionari governativi, addetti mili­tari, rappresentanti diplomatici e commerciali sono 'indottrinati' pri­ma della partenza. Alcuni seguono corsi ad hoc. A tutti è richiesto un contributo informativo. Nell’occidente europeo, gli 007 ci­nesi hanno fatto del Belgio la cen­trale operativa e del centro-nord del continente una riserva di caccia. Ol­treatlantico, il Canada e gli Stati U­niti non sfuggono all’occhio vigile del grande fratello cinese. Bombar­dier e altre industrie strategiche ca­nadesi hanno subito innumerevoli incursioni elettroniche. Per alcuni parlamentari, i furti tecnologici co­sterebbero al Paese 1 milione di dol­lari il mese. Se trent’anni fa, l’80% del valore a­ziendale originava dagli immobili e dai macchinari, una percentuale a­naloga spetta oggi ai capitali intan­gibili: formule, progetti, istruzioni e forza lavoro altamente qualificata. In Giappone e in Germania, gli isti­tuti di credito accettano i brevetti co­me garanzie fideiussorie. Gruppi co­me Ibm, Microsoft o Thomson ne hanno in portafoglio decine di mi­gliaia, in gran parte saperi digitali. È in questo scenario che opera l’intel­ligence cinese. Penetrando nella casa californiana di Chi Mak, l’Fbi ha scoperto che l’inso­spettabile ingegne­re elettrico conser­vava documenti ri­servati sul sistema antiaereo Aegis, sui propulsori dei som­mergibili Virginia e sulle armi difensive della portaerei Sten­nis. Si è saputo poco dopo che i da­ti più sensibili avevano già attraver­sato il Pacifico. Oggi Mak ha scontato il primo anno e mezzo di carcere. Gliene rimango­no altri 23. Nel frattempo, la giusti­zia federale ha continuato a maci­nare processi. Il prossimo riguarderà il caso Dongfan Chung, ex ingegne­re alla Rockwell e alla Boeing. Pen­dono sulla sua testa molteplici capi d’accusa: dallo spionaggio indu­striale alla falsa testimonianza. Ne sapremo di più il 9 novembre 2009, giorno della sentenza. Bastino per ora i documenti sensibili sequestra­tigli a centinaia, alcuni sullo Shuttle, altri sul bombardiere B-1 e molti al­tri ancora sui programmi aerospa­ziali a stelle e strisce.