La festa del Regno. Ora è re, finalmente Carlo a 74 anni indossa la corona
Lento. Come a rubare secondi in più alla Storia. È il tempo che, ieri, ha scandito l’incoronazione di Carlo III, il primo sovrano britannico del Ventunesimo secolo. Il passo cauto con cui il re, teso fino a mordersi il labbro, ha lasciato l’abbazia di Westminster dopo l’investitura religiosa pareva quasi affaticato. Rallentato dal peso di un mantello lungo quattro metri e mezzo, di una corona imperiale da più di due chili, di 74 anni trascorsi ad aspettare quel momento.
In nessun altro Paese d’Europa l’ascesa al trono di un re viene ancora suggellata da un’incoronazione vera e propria. Succede solo nel Regno Unito.
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Ogni dettaglio dell’evento che ha visto protagonista Carlo, insieme alla sorridente moglie e regina Camilla, è stato pensato non solo per ricordare al mondo quanto potente sia stata la monarchia britannica. Ma anche per dire cosa promette di essere. «Sono qui per servire non per essere servito», ha giurato. La consacrazione del sovrano, ispirata a tradizioni che si perdono nella notte dei tempi, è avvenuta su un altare che ha fatto da cornice a 40 incoronazioni dal 1066. Sempre le stesse sono, per esempio, alcune delle regalie offerte al re: gli speroni delle virtù cavalleresche, i braccialetti della saggezza, l’anello della dignità. Nuova, per volere dello stesso Carlo, è stata la promessa a «promuovere una società in cui le persone di tutte le fedi possano vivere liberamente». Precisazione a suo modo «rivoluzionaria» visto che il monarca è anche il capo della Chiesa anglicana. A certificare il nuovo corso è stato il coinvolgimento nel rito delle donne vescovo e dei rappresentanti di altre comunità religiose. Per la prima volta dal 1534, il re ha inoltre ricevuto per mezzo dell’arcivescovo di Westminster, il cardinale Vincent Nichols, la benedizione di un cattolico. Storica anche la presenza di due delegati papali: il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e l’arcivescovo Miguel Maury Buendí, nuovo nunzio apostolico Oltremanica.
Le convenzioni hanno imposto per secoli che all’incoronazione non dovessero esserci altre teste coronate perché il rito doveva essere un momento di intimità tra il monarca e il popolo alla presenza di Dio. Sâlote Tupou III di Tonga fu l’unica regina, nel 1953, ad assistere all’investitura di Elisabetta. Il tocco moderno di Carlo si è fatto sentire anche qui. Tra i 2mila invitati anche il re di Giordania, il sultano del Brunei e l’emiro del Qatar. Eccellente esercizio di soft power. Tra i banchi dell’abbazia anche due “first Lady” senza marito: l’ucraina Olena Zelenska e la statunitense Jill Biden. Chiacchierata è stata la presenza del diplomatico cinese Han Zheng, rappresentante del presidente Xi Jinping, additato come regista della repressione antidemocratica del 2019 a Hong Kong.
Criticata pure Michelle O’Neill, designata dello Sinn Féin alla premiership dell’Irlanda del Nord, la nazione britannica che la leader vedrebbe volentieri fuori dal Regno Unito. Per l’Italia c’era il presidente Sergio Mattarella accompagnato dalla figlia Laura. «Siamo certi che con re Carlo la cooperazione tra Italia e Regno Unito si rafforzerà ulteriormente», ha scritto da Roma la premier Giorgia Meloni.
L’entusiasmo dei sudditi per il nuovo re è stato tangibile. Lo ha raccontato la festa, meno partecipata di quella per i 70anni di regno di Elisabetta, esplosa quando la famiglia reale al completo si è affacciata dal balcone centrale di Buckingham Palace. Mancava Harry, il minore dei figli di Carlo, tornato in California subito dopo il rito religioso. In prima fila anche Louis, 5 anni, il più piccolo dei figli del principe William, che in chiesa aveva sbagliato tutto il tempo.
I colori della Union Jack – bianco, rosso e blu – erano spalmati ovunque: su maglie, cappelli, parrucche, ombrelli, impermeabili e papillon. I bambini indossavano corone di carta o di peluche. Ellie, 62 anni, di Chelmsford, se n’è fabbricata una all’uncinetto. Tra la folla anche “infiltrati” repubblicani allontanati di peso dalla polizia tra i «buuu» dei vicini. La voce di chi protestava gridando «non è il mio re», «democrazia adesso», veniva spenta dai cori spontanei intonati all’inno: «God save the king».
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La pioggia ha rovinato diverse feste organizzate in strada. Gli inglesi ne vanno pazzi sin dai tempi dell’incoronazione di Anna Bolena del 1533. Allora si racconta che la fontana di Cheapside, a Londra, fu adattata per fa scorrere vino bianco da un lato e Bordeaux dall’altro. A Mayfair, uno dei quartieri più ricchi della capitale, sono stati offerti gratis cicchetti di Pimm's e affogati al caffè. Sono 65mila gli eventi in programma a livello nazionale in onore di Carlo. Modesti quelli nelle comunità più povere. «Per colpa del carovita abbiamo dovuto rinunciare anche al pranzo che si usava tenere nel quartiere nelle grandi occasioni – si lamenta Julie, di Porthmount – abbiamo i soldi contati per la spesa». Sono venuta a Londra, ammette,«solo perché dovevo lavorare».
Questo è il mondo reale, non regale, che brulica lontano dagli sfarzi del Palazzo. Lasciarsi travolgere dalle favole moderne è per molti solo un modo per continuare a sognare.
IL VIDEO DELLA CERIMONIA