Usa. C'è un dramma famigliare dietro la bufala degli immigrati che mangiano i gatti
Un frame del video di The Columbus Dispatch su Youtube relativo all'intervento di Nathan Clark, insieme alla moglie Danielle, genitori del piccolo Aiden
All’improvviso, durante il confronto tra i contendenti alla Casa Bianca, l’ex presidente Donald Trump ha attaccato, rivolgendosi a Kamala Harris: «A Springfield gli immigrati mangiano cani e gatti dei residenti». Queste parole hanno fatto il giro del mondo suscitando sconcerto ma anche l’ilarità del web. In pochi, però, sanno che dietro la bufala si cela un dramma familiare, come ha raccontato il New York Times: la storia di Aiden Clark.
Nell’agosto di un anno fa, un minivan aveva oltrepassato la propria corsia di marcia e si era scontrato con uno scuolabus. Nell’incidente, che ha visto il pulmino scolastico uscire dalla carreggiata e ribaltarsi, un bambino di undici anni di nome Aiden è morto. Al volante del van c’era un uomo di origine haitiana, Hermano Joseph, condannato lo scorso maggio per omicidio colposo.
La storia sarebbe finita tra i dolori e le lacrime della famiglia Clark se alla guida del minivan non ci fosse stato un immigrato. La circostanza aveva scatenato prima una campagna di odio a livello locale, per attaccare le politiche migratorie di Joe Biden. In seguito, all’interno del clima elettorale sempre più teso di questi giorni, il vicepresidente di Trump e senatore per l’Ohio, JD Vance, ha pensato bene di soffiare sul fuoco della xenofobia con un post su X pubblicato nei giorni scorsi: «Un bambino è stato assassinato da un migrante haitiano». Poi, un ulteriore messaggio: «Aiden Clark, 11 anni, è stato ucciso mentre andava a scuola da un migrante haitiano che Kamala Harris aveva lasciato entrare nel paese a Springfield, Ohio». Nel giro di poche ore, Vance ha rincarato ulteriormente l’offensiva sugli stranieri scrivendo che «alcuni report stanno dimostrando che gli animali domestici sono stati rapiti e mangiati da persone che non dovrebbero essere in questo Paese».
È da qui che Trump ha preso spunto per riproporre il concetto durante il confronto con Harris, usando le parole che hanno fatto il giro del mondo. Così, a più di un anno da quel tragico incidente è stata riaperta una ferita nella memoria della famiglia Clark e trasformato una tragedia privata in un caso mediatico globale. Un’ondata di rabbia e rancore, infatti, si è scatenata sulle migliaia di immigrati provenienti da Haiti. E poco importa se queste persone vivano legalmente nello Stato dell’Ohio con autorizzazioni per lavorare.
Non c’è parola sul vocabolario italiano che possa esprimere la condizione di un padre o una madre nel perdere il proprio figlio. Non c’è una parola per esprimere quel particolare dolore. Ci sono ancora meno parole per descrivere quella sensazione di vedere la propria tragedia utilizzata per vincere un dibattito televisivo. All’indomani del confronto tv il padre di Aiden, Nathan Clark, ha deciso di intervenire pubblicamente: in piedi, accanto alla moglie Danielle, in un discorso di oltre tre minuti durante una riunione della commissione cittadina, ha smentito ogni parola detta finora sull’incidente:
«Mio figlio non è stato assassinato. È stato ucciso accidentalmente da un immigrato di Haiti. Hanno pronunciato il nome di mio figlio e hanno usato la sua morte per ottenere vantaggi politici. Possono vomitare tutto l’odio che vogliono sugli immigrati illegali, sulla crisi di confine e persino sulle false affermazioni secondo cui i gatti pelosi vengono mangiati dai membri della comunità. Non è consentito loro, né mai è stato consentito, di menzionare Aiden Clark di Springfield, Ohio». E ha concluso: «Li ascolterò ancora una volta per sentire le loro scuse».
Con il viso contratto e gli occhi pieni di lacrime, la signora Clark ha alzato al cielo una maglietta rossa con la scritta #LiveLikeAiden sul retro, tra gli applausi del pubblico.