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Siria. Il dramma di Aleppo, le voci degli abitanti: «Abbiamo paura e manca l'acqua»

Asmae Dachan mercoledì 4 dicembre 2024

I jihadisti hanno preso il controllo di Khan Sheikhoun: macerie circondano lo svincolo della strada tra Aleppo e Damasco

«Khayfin, abbiamo paura», ripete un’insegnante che ha chiesto l’anonimato, residente in uno dei quartieri più lussuosi di Aleppo, il Mogambo. «Adesso sembra che tutto vada bene, ma non ci fidiamo. Sono uomini armati e hanno preso il potere in poco tempo. Sono arrivati ovunque. Non sappiamo cosa potranno farci e sappiamo di certo che verremo bombardati. Non abbiamo nulla da festeggiare». Una collega le fa eco sfiduciata: «Quando uomini armati entrano in una città non c’è mai nulla di rassicurante. Anche se si presentano con fare conciliante, noi non ci fidiamo. Di fatto le nostre vite sono ostaggio delle loro scelte. Noi vogliamo solo vivere in pace, ma ora abbiamo paura, parliamo per esperienza. Sappiamo cosa sono capaci di fare le forze integraliste», aggiunge.

Anni di violenze e minacce hanno lasciato il segno tra i civili di Aleppo che affrontano questa nuova situazione con molti timori. Otto anni dopo la riconquista della città da parte delle forze governative le preoccupazioni per una situazione tutt’altro che chiara sono molte. Le oltre cinquecento vittime degli ultimi giorni non sono una buona premessa dei tempi che verranno. Le paure sono molte, da quella della minaccia integralista a quella dei bombardamenti. I civili, provati anche dalla povertà, sono stremati e sfiduciati. «In città mancano acqua ed elettricità, mancano farmaci e alimenti terapeutici», racconta Ahmad, un farmacista di Aleppo. «Non abbiamo bisogno di finire ostaggio di nuove violenze, abbiamo bisogno di stabilità e sicurezza, siamo stanchi».

Oltre alle conquiste sul campo i ribelli stanno lavorando a una strategia di comunicazione che mira a trovare consensi tra i civili, specie quelli delle comunità considerate più vulnerabili, come quella cristiana, spaventata per l’ascesa al potere di fazioni islamiche. Anche quella mediatica è una battaglia che gli insorti non vogliono perdere, puntando a diffondere video «rassicuranti» in cui ad esempio danno la parola a donne cristiane.

«Adesso vogliamo prepararci per le festività, siamo felici che i mercati siano aperti» racconta una donna sulla sessantina in un video diffuso su X (ex Twitter) da attivisti siriani che si oppongono ad Assad. A parlare, da Sulaymaniya, Aleppo, è Wafa Amnayirji, cristiana, all’indomani della conquista da parte dei ribelli dell’antica città siriana. Accanto a lei un’altra donna aggiunge: «Ora però vogliamo l’acqua, sì sono due o tre giorni che siamo senza acqua».

Una voglia di normalità nella comunità cristiana che non nasconde le forti preoccupazioni per l’ascesa al potere di gruppi armati noti per le posizioni integraliste e in passato apertamente affiliati ad al-Qaeda, da cui poi hanno preso le distanze. L’avanzata degli insorti apre a nuovi scenari non solo sul piano della sicurezza e della politica interna, ma anche per le conseguenze in ambito umanitario. «Le città si stanno trasformando in teatri di morte, con nuove violenze ai danni di civili, che sono nuovamente costretti a fuggire», racconta Mohammed Ismail, fondatore di Hebatallah, una associazione che si occupa prevalentemente di bambini orfani. «Le persone hanno lo sguardo preoccupato, hanno perso ogni senso di sicurezza e non hanno accesso ai servizi vitali. Lavoriamo con bambini traumatizzati e una nuova fase di violenze per loro rappresenta un incubo senza fine. Nessun luogo è sicuro per i civili».

«La storia si ripete. Hanno colpito deliberatamente la nostra struttura, un ospedale universitario, un obiettivo civile. Ogni pretesto è buono», afferma sconcertato un medico raggiunto su WhatsApp, che ha chiesto l’anonimato. La struttura a cui si riferisce è a Idlib, città che era già sotto il controllo delle opposizioni filo-turche, che è stata colpita da una nuova offensiva militare. La cosiddetta «collettiva», che vede le aree dove hanno prevalso gli insorti colpite da una nuova offensiva aerea sta ora interessando diverse città. In migliaia cercano di fuggire, ma le frontiere sono blindate.