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La foto. Il dramma dei Rohingya in uno scatto: torna alla memoria il naufragio di Aylan

Stefano Vecchia giovedì 5 gennaio 2017

L’immagine di un bambino di 16 mesi che giace nel fango seminudo sta facendo il giro del Web. Non nuova, dato che risale al 4 dicembre, ma che sembra esprimere pienamente il dramma di una etnia di fede islamica, quella Rohingya appunto, definita dall’Onu «la più perseguitata al mondo» in una terra buddhista sempre più ostile.

Una foto che ricorda quella di Aylan Kurdi, il bimbo siriano annegato durante una traversata della speranza verso la Grecia e ritrovato su una spiaggia turca, la cui immagine è diventata simbolo del dramma dell’immigrazione. Secondo la “Cnn”, che ha rilanciato l’immagine dando un nome al piccolo e una identità alla famiglia, Mohammed Shohayet è annegato con la madre, il fratello di tre anni e uno zio tentando di fuggire dal Myanmar in Bangladesh. Una sorte toccata a decine di fuggiaschi in molti casi rimasti ignoti. Ignorata anche dal governo birmano e persino dal responsabile degli Esteri, la Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Un silenzio sconcertante su una persecuzione che tocca oltre un milione di individui che ha spinto il 29 dicembre un nutrito gruppo di Premi Nobel a condannare, in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza Onu, «una tragedia umana che equivale a pulizia etnica e crimini contro l’umanità».

A conferma della linea ufficiale, ieri, la commissione d’inchiesta chiamata a far luce sulle accuse avanzate da più parte, ha negato «genocidio e abusi sessuali da parte delle forze dell’ordine».