Medio Oriente. Giordania, Libano, Egitto: ogni giorno di guerra costa 104 milioni
Un uomo seduto tra le macerie di quello che era stato l’ingresso di casa nel villaggio di Bint Jbeil nel sud del Libano: l’area è stata colpita dall’esercito israeliano in risposta ai lanci di missili da parte dei miliziani di Hezbollah che operano nella zona
Una “fattura” a dieci zeri è il costo dell’impatto economico della guerra nella Striscia di Gaza sui Paesi della regione. Per Israele il danno è evidente come effetto della mobilitazione di 360mila riservisti in età di lavoro, l’allontanamento degli operai palestinesi, l’azzeramento del turismo e l’evacuazione di 126mila abitanti dalle località al confine con Gaza e con il Libano. Nei Territori palestinesi, l’Anp si trova da ottobre nell’incapacità di pagare gli stipendi e le pensioni dei propri dipendenti a causa del trattenimento da parte di Israele delle tasse raccolte per conto di Ramallah. Alle precedenti previsioni di crescita del Pil di 3 punti si registra un calo di 3,7 punti, con la povertà che tocca ormai oltre il quarto dei tre milioni di abitanti della Cisgiordania. Un ulteriore motivo è la sospensione dei permessi di lavoro di circa 200mila palestinesi che lavoravano nelle imprese agricole ed edili israeliane. Il 20 per cento dei lavoratori palestinesi è così privo di ogni reddito, e non riceve alcun indennizzo né dagli ex datori di lavoro né dall’Anp.
Anche il turismo – principalmente religioso – è fermo. La stagione di Natale, che genera all’incirca i due terzi dei profitti annui, ha assistito quest’anno a una paralisi completa, con 70 alberghi chiusi e migliaia di impiegati disoccupati. Ma un quadro altrettanto preoccupante emerge anche da una prima valutazione condotta dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) e dalla Commissione economica e sociale per l’Asia occidentale (Escwa) e che prende in esame le ripercussioni del conflitto sulle economie di Giordania, Libano ed Egitto, e fornisce qualche dato negativo riguardo anche la Siria.
I risultati preliminari di questi “Impatti socio-economici previsti della crisi di Gaza sui Paesi arabi vicini” denotano che il costo dei primi tre mesi di guerra, in termini di perdita di Pil, ammonta già al 2,3 per cento. Tradotto in cifre, i tre Paesi chiudono l’anno 2023 con una perdita di 9,3 miliardi di euro, equivalenti a 104 milioni per ogni giorno di guerra, trascinando sotto la soglia della povertà 230mila persone. Se il conflitto, ammonisce il Rapporto, dovesse protrarsi per altri tre mesi, i danni raddoppierebbero per arrivare a 16,2 miliardi di dollari, ossia al 4 per cento del Pil, mentre i nuovi poveri salirebbero a mezzo milione. Secondo il ministro del turismo di Amman, la Giordania perde fino a 200 milioni di dinari (254 milioni di dollari) per ogni mese di guerra. Le cancellazioni alberghiere, ha precisato Makram al-Queisi, hanno toccato il 60 per cento delle prenotazioni, soprattutto da parte di turisti americani ed europei. Un danno enorme per un settore vitale come il turismo che rappresenta il 16 per cento del Pil locale e che ha potuto recuperare solo nel 2022 i livelli precedenti alla pandemia.
Per compensare le perdite, il regno hascemita sta puntando sui mercati alternativi, in particolare su Russia e Cina, ma ci vorrà del tempo per vedere i risultati. In calo anche le prenotazioni per l’Egitto. Gli alberghi di Sharm el-Sheik e di altri resort del Sinai meridionale hanno registrato il decimo delle normali presenze. L’obiettivo del Cairo di alzare da 14 a 17 miliardi di euro gli introiti turistici (che rappresentano un buon 12 per cento del Pil nazionale) nell’attuale anno fiscale 2023-2024 è da considerare irraggiungibile. L’Egitto è inoltre il primo Paese a risentire del calo del transito attraverso il Canale di Suez a causa dell’escalation nel Mar Rosso legata alla guerra. Nello stesso anno fiscale il Canale ha fruttato al governo egiziano circa 8,6 miliardi di euro, un nuovo record. Con gravi ripercussioni per decine di migliaia di nuclei familiari egiziani. Della guerra risente anche l’economia del Libano. Il direttore regionale di Undp ha detto da Beirut che il Paese rischia 2-4 punti del Pil nel momento in cui fatica a sollevarsi dalla grave crisi economica in cui si trova da quattro anni. Oltre al flusso turistico, il settore maggiormente colpito risulta essere quello agricolo, che rappresenta l’80 per cento delle entrate generate dalla regione meridionale confinante con Israele.