Siria. I ribelli conquistano Damasco, Assad è fuggito
La caduta di Assad
Striscioni e canti: i ribelli hanno invaso le vie di Damasco dopo la notizia della fuga di Assad - Ansa
Fonti dell’esercito regolare hanno confermato Assad è fuggito in aereo da Damasco verso una destinazione sconosciuta, decollando quando oramai ribelli avevano superato Homs senza incontrare una seria resistenza e puntavano oramai a Damasco. Secondo il sito “Flightradar”, un aereo della “Syrian Air” è decollato dall'aeroporto di Damasco intorno all'ora in cui la capitale stava per essere conquistata dai ribelli. Il velivolo è poi sparito dai radar. Due fonti siriane hanno dichiarato che c'è un'alta probabilità che Assad possa essere stato ucciso in un incidente aereo. Poco dopo il decollo il tracciato indica una brusca inversione sparendo poi dalla mappa. Non è escluso che il pilota abbia spento il radar e abbia proseguito seguendo una ritta strumentale verso una destinazione ignota ma non a lungo raggio. «Ho offerto a Assad un negoziato, ma non ho avuto mai risposta» ha detto nei giorni scorsi Erdogan come a spiegare del perché non gli restasse tentare l’assalto finale. «Celebriamo con il popolo siriano la notizia della liberazione dei nostri prigionieri e del rilascio dalle loro catene, annunciando la fine dell'era dell'ingiustizia nella prigione di Sednaya» hanno detto i ribelli, riferendosi al terribile campo di detenzione militare alla periferia di Damasco. Ai primi annunci, migliaia di siriani hanno affollato la piazza principale di Damasco salutando e cantando "libertà". «Il drammatico crollo è un terremoto per il Medio Oriente, infliggendo un duro colpo alla Russia e all'Iran, che hanno perso un alleato chiave nel cuore della regione, e creando maggiore incertezza mentre infuria la guerra di Gaza» scrivono pressochè coralmente le agenzie di stampa internazionali.I ribelli prendono possesso delle vie di Damasco - Ansa
Sconvolta da oltre 13 anni di guerra, centinaia di migliaia di morti, brutalità di ogni fattura, milioni di profughi e città in macerie, non è solo la Siria a dover fare i conti con il domani. I governi occidentali devono ora decidere come comportarsi con una nuova amministrazione in cui un gruppo terroristico finito nelle black list di tutto il mondo è ora destinato a prendersi una buona fetta di potere. L’Hayat Tahrir al-Sham (Hts), che ha guidato l'avanzata dei ribelli nella Siria occidentale, era in precedenza un affiliato di al-Qaeda, noto come Fronte Nusra, fino a quando il suo leader Abu Mohammed al-Golani non ha tagliato i ponti con il movimento jihadista globale nel 2016. Da allora Golani ha abbassato i toni, cercato di apparire militarmente determinato e ideologicamente meno radicale. «La vera domanda è quanto sarà ordinata questa transizione, e sembra abbastanza chiaro che Golani tiene a dimostrare di poter fare che lo sia» ha osservato Joshua Landis, esperto di Siria e direttore del Centro per gli studi sul Medio Oriente dell'Università dell'Oklahoma. Golani non vuole che si ripeta il caos che ha travolto l'Iraq dopo che le forze guidate dagli Stati Uniti hanno rovesciato Saddam Hussein nel 2003. Perciò l'Hts, il gruppo ribelle più forte della Siria, dovrà scegliere se imporre un regime islamista o aprirsi a un modello più simile a quello della Turchia di Erdogan. La spinta dei gruppi ribelli potrebbe aver facilitato l’implosione dall’interno. Il primo ministro siriano Mohammad Ghazi al-Jalali ha dichiarato che il Paese dovrebbe ora accedere a elezioni libere. Ma questo richiederebbe una transizione senza intoppi in un Paese dove non si sono certo spenti la competizione e gli interessi incrociati di potenze come Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran, per citare solo i più noti. Il premier Jalali ha anche assicurato di essere in contatto con il comandante dei ribelli Abu Mohammed al-Golani per discutere della gestione dell'attuale periodo di transizione. Una circostanza che fa ipotizzare come la coalizione armata guidata dall’Hts abbia potuto contare anche su qualche accordo preventivo con esponenti del potere siriano, mentre l’esercito di Assad sostanzialmente è rimasto a guardare.Un ribelle inneggia alla vittoria tra le lacrime - Ansa
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il suo team stanno monitorando gli «eventi straordinari in Siria e sono in contatto con i partner regionali, ha dichiarato la Casa Bianca. A Mosca cercano di capire se Erdogan permetterà alla flotta russa di mantenere la base navale a Tartus e quella aerea nei pressi di Latakia. Merce di scambio quando il Cremlino si trova con troppi fronti aperti, dall’Ucraina al Caucaso a Medioriente». Il capo delle Forze Democratiche Siriane a guida curda Mazloum Abdi ha scritto su X: «Stiamo assistendo a momenti storici in Siria. Alla caduta del regime autoritario di Damasco. Questo cambiamento rappresenta un'opportunità per costruire una nuova Siria fondata su democrazia e giustizia, che garantisca i diritti di tutti i siriani». Parole che, in realtà, riguardano l’intero quadrante, compreso l’Iraq e le regioni di Iran e Turchia dove la repressione nei confronti delle minoranze, a cominciare da quella curda, non è mai cessata. Con un occhio sempre rivolto a Gaza, dove sembra più vicina la possibilità di un negoziato per una tregua e il rilascio degli israeliani sequestrati, e infine in Libano dove già nelle prossime ore potrebbe accelerare il processo per l’elezione del capo dello Stato.