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Medio Oriente. Cresce il numero dei morti in Libano. Mezzo milione di persone in fuga

Camille Eid martedì 24 settembre 2024

Il lugo esodo di auto che lasciano il Libano

L’interminabile colonna di auto, tutte con un carico di poche cose e tanto dolore, resta diretta verso nord. L’esodo di massa di decine di migliaia di civili libanesi in fuga dalle violenze nel Sud e nella Beqaa prosegue senza sosta. Ieri mattina, l’autostrada costiera che collega Sidone a Beirut era praticamente bloccata da un enorme ingorgo all'altezza di Damour. In diversi punti è scattata una gara di solidarietà; chi offriva bottiglie di acqua, chi panini, chi un po’ di conforto alle famiglie intrappolate nel traffico per lunghe ore. Centinaia di altri sfollati si sono diretti verso la vicina Siria. Al valico di Masnaa, che si trova a una cinquantina di chilometri dalla capitale siriana, si è registrato un grande affollamento per l’arrivo di tante persone che si sono dovute lasciare tutto alle spalle per scampare ai bombardamenti. Molte famiglie libanesi si sono dirette verso la città di Homs, a nord della Beqaa, oppure a Tartus, sul litorale. Cercando rifugio proprio in quelle aree a lungo segnate dalla paura e dalla disperazione della guerra, e che ora posso offrire una protezione condizionata dal controllo del regime di Assad. Il risultato, ad alzare gli occhi dal piano stretto della cronaca, è una specie di paradosso della storia: ci sono due milioni di sfollati siriani in Libano, e gli sfollati libanesi si stanno riversando ora in Siria. C'è anche chi sceglie destinazioni più lontane. L’aeroporto internazionale di Beirut, l’unico scalo del Paese, sta affrontando un’ondata di sospensioni dei voli e ha registrato, secondo gli osservatori, un calo di traffico del 30-40 per cento. Solo ieri, sul tabellone degli arrivi, l'indicazione “cancelled” figurava in corrispondenza di 30 voli di diverse compagnie aeree. La compagnia di bandiera libanese, Middle East Airlines, ha deciso di allestire voli supplementari per fare fronte alle numerose richieste di prenotazioni. Su un altro fronte, il timore di una penuria dei prodotti alimentari e dei medicinali ha spinto il ministero dell’Industria a promettere in una nota diffusa ieri di agevolare tutte le pratiche atte a garantire la stabilità delle forniture di medicinali, dei prodotti alimentari e di altri prodotti di base per tutta la durata del conflitto. Il sindacato dei proprietari di supermercati e quello degli importatori di generi alimentari hanno affermato in una nota che non c'è da temere alcuna carenza di cibo in Libano. Le scorte attuali, hanno precisato, sarebbero sufficienti «per tre-quattro mesi», indicando che le importazioni non sono state interrotte e che le navi continuano a scaricare le loro merci nei porti libanesi. Lunedì scorso, anche gli importatori di carburante in Libano avevano lanciato un messaggio simile dopo che le stazioni di servizio erano stati presi d’assalto dai libanesi preoccupati dell’escalation militare.

Il bilancio delle vittime dall'inizio dell'offensiva cresce d'ora in ora. L'ultimo fornito dal ministro della Salute libanese, Firas Abiad, parla di 558 morti, tra cui 50 bambini e 94 donne, e 1.853 feriti ricoverati in 54 ospedali del Paese. Abiad ha condannato nella sua conferenza stampa il coinvolgimento nei raid israeliani di due centri medici: il centro di Aïnata e l'ospedale pubblico di Bint Jbeil, nonché la morte di quattro soccorritori. Tra le ultime vittime dell'offensiva in corso, Farah Kajak, un'impiegata dell'Electricité du Liban, il pubblico fornitore di energia elettrica in Libano. Farah è rimasta uccisa con suo marito, i suoi figli, i suoi genitori e sua sorella in un raid israeliano contro una località vicino a Sidone. Tra i morti anche Dina Darwiche e Ali Basma, entrambi impiegati dall'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Che si è detta «indignata e profondamente rattristata» per l'accaduto. Dina, che lavorava con l'organizzazione da 12 anni, è morta nella Beqaa con suo figlio quando il palazzo in cui risiedeva con suo marito e un altro figlio – rimasti gravemente feriti – è stato bombardato. Ieri, il portavoce dell'Unhcr ha detto che l’organizzazione è «estremamente allarmata» per «l’improvvisa escalation delle ostilità» in Libano. «Questa – ha aggiunto Matthew Saltmarsh – è una regione che è già stata devastata dalla guerra e un Paese che conosce fin troppo bene la sofferenza». Il portavoce dell'Alto commissario per i diritti umani ha esortato a porre fine alle violenze e garantire la protezione dei civili. «Il prezzo pagato dai civili è inaccettabile», ha detto Ravina Shamdasani. In un collegamento video da Beirut, il vice rappresentante dell’Unicef in Libano ha detto che lunedì «è stato il giorno peggiore che il Libano abbia visto negli ultimi 18 anni». «Questa violenza – ha aggiunto Ettie Higgins – deve cessare immediatamente, altrimenti le conseguenze saranno inaccettabili».

Intanto, il 25 settembre il consiglio di sicurezza dell'Onu terrà una riunione d'emergenza. Il vertice è convocato alle 18 ora locale, le 24 italiane, dopo consultazioni con le delegazioni e il segretariato.