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Cina. A Hong Kong campagna di intimidazione contro i giornalisti

Stefano Vecchia sabato 14 settembre 2024

L'arresto a Hong Kong, nel dicembre 2020, dell'imprenditore dei media Jimmy Lai Chee-ying, fondatore di "Apple Daily" accusato di reati contro la legge sulla sicurezza nazionale

Sono decine i giornalisti di Hong Kong colpiti da una campagna di discredito e di intimidazione. La denuncia arriva dalla Hong Kong Journalists Association, la cui presidente dal mese scorso, Selina Cheng, ha parlato della «più vasta campagna di intimidazione verso i reporter di Hong Kong che si sia mai vista». «Non credo che questo sia giusto e per questo oggi stiamo facendoci sentire per dire che non accettiamo questo comportamento», ha aggiunto.

Da giugno, non solo giornalisti ma anche loro familiari o conoscenti hanno ricevuto minacce anonime da parte di presunti "patrioti”. Oltre alla Cheng, anche il comitato esecutivo dell’associazione e una quindicina di mass media locali e internazionali, come pure due scuole di giornalismo. Destinatari di messaggi intimidatori sono stati anche imprenditori, istituzioni benefiche o imprese private collegati ai reporter o ai media presi di mira con ingiurie o minacce, anche di morte.

La situazione, in linea con altri segnali provenienti dalla società civile locale e da organizzazioni internazionali, manifesta ancora una volta nell’ex colonia britannica, dal 1997 Regione autonoma speciale cinese, il veto a ogni manifestazione di critica dopo la “normalizzazione “ imposta da Pechino a seguito delle proteste di massa del 2019.

Continua l’individuazione e la punizione dei dissidenti ancora in libertà sul territorio o spesso espatriati protagonisti delle iniziative che chiedevano anzitutto il rispetto dei diritti e libertà previsti per 50 anni dall’accordo cino-britannico sul ritorno di Hong Kong alla Cina e chi - erede di una informazione un tempo fra le più libere in Asia – cerca di comunicare la realtà corre seri rischi.

Alla fine di agosto due giornalisti sono stati condannati, per la prima volta, con l’accusa di sedizione. Mentre Meta e la Fondazione Wikimedia, che hanno veicolato alcuni dei messaggi intimidatori, hanno avviato un’inchiesta, Reporter senza frontiere ha confermato nel suo Indice della libertà dei mass media 2024 la discesa al 135mo posto di Hong Kong (con la Repubblica popolare cinese al 172mo) su 180 realtà considerate.