Medio Oriente. Hamas valuta l’accordo di tregua. Il rischio che Israele ora si spacchi
Le proteste dei familiari degli ostaggi israeliani al valico di Nitzana, dove transitano gli aiuti verso Gaza
Alla fine la proposta di tregua arriva anche sul tavolo di Ismail Haniyeh che conferma di aver «ricevuto la proposta che è stata fatta circolare durante l'incontro di Parigi». Hamas, fa sapere il suo leader politico, la sta esaminando. Dal Qatar Haniyeh si recherà al Cairo «per discutere i dettagli del piano». La priorità dello Harakat al-Muqawwama al Islamiyya è «porre fine all'offensiva israeliana con il ritiro delle sue forze della Striscia di Gaza», ha aggiunto Haniyeh. Una volontà di trattare da parte di Hamas che spacca subito il governo di Tel Avivi. E anche il fronte palestinese.
L'accordo con Hamas, scrive subito su X il ministro della sicurezza e leader di destra radicale, Itamar Ben Gvir, è «irresponsabile» e significherebbe «la spaccatura del governo». Immediata la replica di un Benjamin Netanyahu sempre più sotto assedio politico: «Le nostre forze non lasceranno Gaza» e «migliaia di terroristi non saranno rilasciati». Di fronte a dichiarazioni di ogni tipo, il premier israeliano precisa che la guerra finirà solo con il raggiungimento di tutti gli obiettivi: «eliminare Hamas», «riportare a casa tutti i nostri rapiti» e «garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia» afferma a Yedioth Ahronoth. E davanti alla commissione Esteri della Knesset è il ministro della Difesa Yoav Galant ha squadernare il suo piano per il dopoguerra: «Hamas non governerà Gaza. Israele governerà militarmente, ma non governerà civilmente». Dialogo in salita con segnali di divisione anche dal fronte palestinese: una nota di Ziad al-Nakhala, segretario della Jihad islamica, fa sapere che non firmerà alcun accordo con Israele sugli ostaggi che non preveda il ritiro completo dalla Striscia e un cessate il fuoco completo. La bozza di intesa – negoziata a Parigi grazie alla mediazione di Cia, Mossad, Egitto e Qatar – prevede una prima pausa nei combattimenti di sei settimane in cambio della liberazione di una quarantina di ostaggi; solo dopo si discuterebbe dei soldati israeliani maschi e femmine, degli uomini in età da militare e, terza fase, si prevede la restituzione dei cadaveri attraverso un meccanismo negoziale aperto. Un meccanismo complicatissimo che si spera si metta in moto.
Decine di persone sono rimaste uccise o ferite ieri dai bombardamenti israeliani nel centro e nel sud della Striscia di Gaza. L'agenzia palestinese Wafa segnala pure un raid contro una moschea nella zona di Khan Yunis. Le vittime, sempre secondo la Sanità di Hamas, sono intanto salite a 26.751, mentre i feriti sono 65.636. Dopo le accuse ai funzionari Unrwa, il segretario generale dell’Onu Guterres ha incontrato ieri i Paesi donatori. «L’Unrwa – ha affermato in una telefonata al presidente egiziano al-Sisi – ha un ruolo essenziale». Sono 15 i Paesi che, dopo le accuse ai funzionari, hanno bloccato i finanziamenti. Un altro nodo da sciogliere per la diplomazia. Sabato il segretario per la Difesa Blinken sarà per la sesta volta, in Israele. Ieri, per la quarta volta in Medio Oriente dsll’inizio della crisi, il ministro degli Esteri britannico David Cameron era in Oman.