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Il caso. L'india dichiara la «guerra delle cipolle»

Stefano Vecchia venerdì 8 dicembre 2023

Una decisione con effetto immediato quella che la Direzione generale per il Commercio estero del ministero del Commercio e Industria indiano ha preso oggi per proibire l’esportazione di cipolle fino al 31 marzo. Una sorta di blocco dei prodotti perché costituiscono "interesse nazionale" A spingere a questo provvedimento che limiterà sensibilmente la disponibilità di un prodotto essenziale per la cucina locale nel Paese e nei vicini dell’Asia meridionale, è l’incremento esponenziale dei prezzi connesso a un raccolto ridotto dalle avversità climatiche e a una domanda accresciuta di un prodotto di cui l’India è il principale produttore mondiale.

Già ad agosto le autorità avevano aumentando del 40 per cento le imposte sull’export portando il prezzo minimo delle esportazioni a 800 dollari alla tonnellata. Un provvedimento in sé significativo che non era riuscito però a frenare l’incremento dei prezzi al dettaglio. Non soltanto per questo prodotto che si è apprezzato nell’ultimo mese del 58 per cento, ma anche per i pomodori (+35 per cento).

Prezzi ormai superiori a quelli di Pakistan, Cina e Egitto, i principali rivali, insostenibili non soltanto per i consumatori indiani, ma anche per la politica, che guarda ormai alle elezioni parlamentari della prossima primavera. Lo scorso agosto è stato il meno piovoso da oltre un secolo a causa della «presenza del Niño» e diverse produzioni agricole ne sono state colpite, costringendo le autorità a correre ai ripari. Tra queste il riso non basmati, da luglio non più esportabile. Riguardo le cipolle, che nell’ultimo anno fiscale sono state prodotte per 31 milioni di tonnellate, a una minore disponibilità si è affiancata una richiesta che ha fatto salire nella prima metà dell’anno del 63 per cento l’export rispetto allo scorso anno