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Guerra a Gaza. Israele, Gantz lascia. Il Gabinetto di guerra ridotto di un terzo

Anna Maria Brogi lunedì 10 giugno 2024

Il centrista Benny Gantz, favorito dai sondaggi come futuro premier, ha annunciato domenica sera le sue dimissioni dal governo di Netanyahu

Rimandate di un giorno, per la festa in Israele per la liberazione dei quattro ostaggi nel sanguinoso blitz, domenica sera sono arrivate le dimissioni annunciate di Benny Gantz dal governo e dal Gabinetto di guerra.

L'addio del centrista, all'opposizione fino all'11 ottobre e poi entrato nel governo di emergenza nazionale, non significa elezioni anticipate. L'esecutivo di Benjamin Netanyahu ha ancora i numeri per restare in sella: sui 120 deputati della Knesset, è sceso a 63. Ne aveva 75 dall'11 ottobre, con l'ingresso di Unità nazionale di Gantz. Il vero vuoto si è creato nel Gabinetto di guerra, che perde due componenti su sei: si è dimesso anche Gadi Eisenkot, del partito Resilienza per Israele, che vi sedeva come osservatore. Gantz era invece uno dei tre membri con diritto di voto: oltre a lui, lo stesso Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant. Da mesi il nome di Gantz è dato come favorito nei sondaggi per la successione a Netanyahu in caso di elezioni.

Il posto libero da decisore nel Gabinetto di guerra è già stato richiesto dal ministro per la Sicurezza Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit e uno dei falchi più agguerriti della coalizioni al potere: non solo si oppone a qualsiasi proposta di tregua, ma sostiene la colonizzazione della Striscia di Gaza e l'immigrazione «volontaria» dei palestinesi verso l'estero. L'assetto prossimo del Gabinetto di guerra farà capire in che direzione intende muoversi Israele sul dossier della guerra a Gaza e su quello più ampio del futuro della regione.

Le accuse di Gantz a Netanyahu: «Rimanda per interesse politico»

Le dimissioni di Gantz erano annunciate. Il 18 maggio il ministro aveva dato al premier l'ultimatum dell'8 giugno per indicare una strategia chiara sull'uscita dal conflitto a Gaza e sul futuro assetto della Striscia che non cedesse alle pressioni colonizzatrici dell'estrema destra ultraortodossa mettendo a rischio la sicurezza degli israeliani. Venerdì scorso il centrista, ex capo di Stato maggiore dell'esercito ed ex ministro della Difesa, aveva convocato una conferenza stampa per la sera successiva. Cancellata sabato mattina, quando si è appreso della liberazione dei quattro ostaggi con il blitz delle forze speciali. Messa da parte, ma solo provvisoriamente, la propria polemica con il premier, Gantz ha condiviso la reazione gioiosa di tutto il Paese. Ma ventiquattr'ore dopo è tornato al punto.

Parlando in diretta tv, l'ex generale ha detto di aver preso la decisione «con il cuore pesante». «Netanyahu ci impedisce di avanzare verso la vera vittoria», ha attaccato. «Le decisioni strategiche vengono affrontate con procrastinazione ed esitazione a causa di considerazioni politiche». «Dopo il 7 ottobre, come hanno fatto centinaia di migliaia di israeliani patriottici, ci siamo messi a disposizione. Lo abbiamo fatto anche se sapevamo che si trattava di un cattivo governo. Proprio perché sapevamo che era un cattivo governo». Ma ora, dice, le cose sono cambiate. «Lo Stato di Israele ha bisogno e può ottenere una vera vittoria - ha spiegato -. Una vera vittoria mette il ritorno a casa dei rapiti al di sopra della sopravvivenza al potere. Una vera vittoria unisce il successo militare con un'iniziativa politica e civile. Una vera vittoria porterà al collasso di Hamas e alla sua sostituzione. Una vera vittoria consiste nel riportare a casa sani e salvi gli abitanti del nord. Una vera vittoria consiste nello stabilire un'alleanza regionale contro l'Iran guidata dagli Stati Uniti con tutto il mondo occidentale».

Subito dopo l'annuncio, il centrista ha chiesto elezioni il prima possibile. E ha ribadito la sua posizione su Gaza: occorre attuare il piano offerto dal presidente americano Joe Biden. Su X invece il primo ministro gli aveva chiesto di «non abbandonare la battaglia».

Gli Usa: nel blitz uccisi molti civili. Morto poco prima il padre di uno dei liberati

Mentre Israele ha celebrato la liberazione dei quattro ostaggi, si aggrava il pesante bilancio del blitz: gli Stati Uniti confermano che nei bombardamenti che hanno coperto l'azione delle forze speciali sono rimasti uccisi molti civili. Per Hamas il numero complessivo di morti nei raid sull'area di Nuseirat dov'erano tenuti i quattro è di 274 palestinesi, oltre a tre ostaggi israeliani. Nell'operazione era rimasto ferito mortalmente il capo della squadra antiterrorismo della polizia, la cui memoria è stata celebrata come quella di un eroe nazionale.

L'esercito accusa un giornalista palestinese che lavorava per al-Jazeera, Abdullah Jamal, di essere un operativo di Hamas: tre dei quattro liberati sarebbero stati tenuti prigionieri in casa sua. Le attività dell'emittente in Israele sono intanto state vietate per altri 45 giorni.

E un dramma ha oscurato la gioia del ritorno a casa per Almog Meir Jan: suo padre è morto poche ore prima della liberazione. Yossi Jan, 57 anni, negli otti mesi della prigionia del figlio si era chiuso in sé stesso, perdendo venti chili.

Nella Striscia proseguono i combattimenti. Senza tregua

Mentre non si parla più di una tregua, nonostante la risposta ufficiale di Hamas non sia ancora arrivata e la proposta annunciata da Biden fosse sottoscritta da Israele, l'esercito continua a operare a Gaza. Truppe della 198ma Divisione, informa, stanno combattendo a Deir al-Balah e nel campo profughi di Bureij, nel settore centrale. Nell'area meridionale di Rafah, invece, è in azione la 162ma Divisione, che conduce operazioni basate su informazioni d'intelligence e ha localizzato diversi tunnel e grandi quantità di armi, esplosivi ed equipaggiamento militare. Nel centro di Gaza opera la 99ma Divisione, con il compito di smantellare le infrastrutture dei terroristi.

Atteso l'arrivo di Bliken: è l'ottava volta dopo il 7 ottobre

Per oggi è atteso l'arrivo del segretario di Stato americano, Antony Blinken, in Medio Oriente. Blinken visiterà Egitto, Israele, Giordania e Qatar nel suo ottavo tour nella regione da quando è scoppiata la guerra. Washington ha presentato un progetto di risoluzione alle Nazioni Unite, chiedendo un «cessate il fuoco immediato con il rilascio degli ostaggi» dopo che per mesi gli Stati Uniti sono stati criticati per aver bloccato diverse bozze che chiedevano la fine dei combattimenti.