Jenny, 9 anni, affetta da autismo,
passa il suo tempo a guardare nel vuoto oscillando avanti e
indietro. Fotis, 20 anni, con sindrome di Down, vive in uno
spazio leggermente più grande, e quando vede qualcuno che non
conosce gli chiede, immancabilmente, "Andiamo a fare un
viaggio?". Ma viaggi o anche passeggiate per Jenny e per Fotis
non sono in programma: la bimba e l'adolescente sono accomunati
da una vita da reclusi in un istituto statale per minori
disabili in Grecia, dove i 65 "ospiti" vivono giorno e notte in
gabbie di legno, accuditi per le loro necessità elementari e
fisiologiche da uno "staff" di sei infermieri addetti in tutto,
e dove per il resto del tempo vengono abbandonati a loro stessi.In un lungo reportage della Bbc l'istituto degli orrori di
Lechaina, nel sud della Grecia, prende quasi vita: uno spaccato
di degrado, di violazione dei diritti più elementari che si
allarga sulla Grecia di oggi, in crisi e senza soldi, dove le
istituzioni pubbliche sono abbandonate, come i poveri disabili
che le famiglie hanno rinnegato e la cui prospettiva - rileva un
ex addetto, interpellato dalla Bbc - è di rimanere ingabbiati
nella monotonia di giorni sempre uguali e di "uscire solo quando
moriranno".I sei addetti (al netto di un medico, che si presenta solo
saltuariamente), per la maggior parte del tempo, controllano la
situazione con telecamere puntate sulle gabbie da una parete di
schermi nella saletta del personale, al piano di sotto. "I
bambini ormai sono abituati alle loro gabbie. Le gradiscono",
sostiene incredibilmente la nuova direttrice dell'istituto, Gina
Tsoukala, ricordando che le gabbie in legno sono
"personalizzate" sulle esigenze dei singoli "ospiti". Secondo un
medico, George Gotis, "molti di questi bambini con gravissime
disabilità hanno vissuto molto più della loro aspettativa di
vita media", anche perché le "costose gabbie sono state
costruite per proteggerli ed evitare che si facciano del male",
viste le tendenze autolesioniste di molti dei reclusi.Condizioni che appaiono già molto migliori di quelle
denunciate solo 4-5 anni fa da un gruppo di volontari
orripilati. I quali avevano raccontato quanto avevano visto - i
pazienti spesso legati a lettini in gabbie anguste e
pesantemente sedati - a politici locali, ad Atene, all'Unione
europea e a diverse organizzazioni per i diritti umani,
riscuotendo però scarso interesse. Un rapporto indignato e
dettagliato fu stilato nel 2010 da un garante per i diritti dei
minori. Da allora due ragazzi sono morti per carenza di
attenzione o anche di sorveglianza - un quindicenne soffocato da
qualcosa che aveva ingerito e un sedicenne nel cui stomaco è
stata ritrovata un'intricata matassa di pezzi di stoffa,
cordino, cerotti e garze.Da allora qualcosa è anche migliorato,
assicurano i gestori: le gabbie sono diventate più grandi e sono
"personalizzate". Ma per il personale, ridotto all'osso, i
turni sono massacranti: un supervisore per ogni piano, cioè per
almeno 20 ospiti alla volta.Nella gabbia i bambini vengono
medicati, imboccati a pranzo e cena attraverso le sbarre, viene
cambiato loro il pannolone, tutto da una persona sola. Una stanza,
grazie a una colletta, è stata trasformata in una "sala
giochi" dalle pareti imbottite, dove però i ragazzi - racconta
lo staff alla Bbc - restano spesso immobili, sorvegliati a
distanza da un infermiere.
Nessuna assistenza psicologica, nessun conforto umano,
tantomeno dalla famiglie, in una Grecia non solo in grave crisi
economica e sociale, ma dove la disabilità è spesso ancora un
disonore per le famiglie.E così accade che le madri non
sappiano nemmeno dell'esistenza di un figlio rinchiuso in un
istituto come quello di Lechaina: i padri, d'accordo con lo
staff ospedaliero, spesso fingono con la madre che il bambino
handicappato non sia sopravissuto al parto.