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L’intelligence. Grandi manovre dell’Occidente intorno ai confini

Francesco Palmas sabato 6 dicembre 2014
C’è fermento intorno alla Libia. Strani movimenti di forze speciali e basi d’appoggio. L’Algeria ha “blindato” le frontiere. Il Ciad puntella l’area fra Aouzou e il Tibesti. La Francia ha fatto nuovamente appello al Comando per le operazioni speciali. A Ouagadougou, in Burkina Faso, l’allerta è massima. C’è il gruppo di forze speciali dell’operazione Sabre, con punti d’appoggio in prossimità delle zone critiche, possibili aree di confluenza dei terroristi: Abéché e Faya-Largeau nel nord del Ciad, Atar in Mauritania e Madama nel Niger settentrionale. Qui sorge un forte, eretto negli anni ’60.Oggi, vi sono schierati i berretti rossi dell’11a brigata paracadutisti, insieme a un piccolo contingente nigerino. I francesi vi hanno spedito in tutta fretta anche i genieri dell’Aeronautica, per allungare di mille metri una pista che fino a poco tempo fa non ne contava più di 800. Vi potranno decollare droni, pattugliatori ed elicotteri. Non occorrerà molto e, alla fine, Madama ospiterà permanentemente una cinquantina di militari e incursori. Il luogo è strategico, perché a un centinaio di chilometri dalla frontiera libica, in attesa di sviluppi. Si appoggerà all’esercito autoctono e alle forze americane, di stanza a Dirku, più a sud, nel dipartimento di Bilma, appena fuori dal centro abitato: 15mila anime, in un’oasi scelta per la valenza geostrategica, lungo la strada fra Tripoli e il lago Ciad. Dirku ha un altro asso nella manica: un aerodromo asfaltato di 1.600 metri, fondamentale per le operazioni dei droni e dei velivoli spia, imbottiti di sensori. Il dispositivo ha le spalle coperte, con tre basi arretrate presidiate da centinaia di soldati francesi: Dakar, Abidjan e Libreville, dal ruolo logistico prioritario verso il Sahel. Da mesi, gli analisti si affannano a ricordare il fallimento dell’operazione congiunta in Libia (2011) e il successo modesto dei francesi in Mali (2013). Molti jihadisti sfuggiti ai soldati d’oltralpe hanno trovato rifugio nei Paesi vicini. Un buco nero si è aperto nel sud-ovest della Libia, nel Fezzan, intorno al triangolo Ubari-Sebha-Murzuk. Da lì, i terroristi compiono incursioni nel Mali settentrionale, dall’Ifoghas a Timétrine, e in Niger, lungo un asse di oltre un migliaio di km che, attraverso il valico di Salvador, segue la frontiera fra il Niger e l’Algeria. La matassa offre bandoli intricati. Difficile dire se gli occidentali ripeteranno l’exploit del 2011, quando le forze speciali diedero un grande contributo al cambio di regime in Libia. Il Qatar non è più della partita. É anzi parte del problema. Gli italiani nicchiano: eppure nel 2011, gli incursori del Col Moschin affiancarono i ribelli, insegnando loro come impiegare le armi pesanti. Operarono in abiti civili, come i guerrieri dell’ombra francesi, britannici ed emiratini. Oggi è tutto più complicato.