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SIRIA. Avanza l'opzione militare Spari su ispettori Onu​

Gli lunedì 26 agosto 2013
Alcuni «cecchini» hanno sparato ripetutamente contro una vettura degli ispettori delle Nazioni Unite che si trovano in Siria per verificare le notizie sull'uso di armi chimiche. Lo ha riferito Martin Nesirky, portavoce dell'Onu citato dalla tv satellitare al-Jazeera: «Il primo mezzo della squadra per l'indagine sulle armi chimiche è stato colpito volutamente e più volte da cecchini non identificati».L'attacco non ha però impedito il lavoro degli ispettori che «sono tornati indietro incolumi fino al posto di blocco governativo», ha sottolineato Nesirky: una volta «rimpiazzata l'auto» danneggiata, hanno ripreso il loro percorso.L'incidente, che non ha fatto vittime, è avvenuto a Madmiyah, uno dei sobborghi di Damasco dove gli ispettori effettuavano oggi un sopralluogo, dopo le denunce sull'uso di armi chimiche arrivate la scorsa settimana dai ribelli. Secondo quanto riferito dagli attivisti del Comitato di coordinamento locale di Muaddamiya a sparare sarebbero stati cecchini delle milizie fedeli ad Assad. Per contro, il regime siriano ha puntato l'indice contro i ribelli per l'attacco di cecchini contro gli ispettori dell'Onu denunciato dal Palazzo di Vetro. La televisione di Stato, che citava fonti del ministero per l'Informazione, ha infatti attribuito l'agguato a non meglio precisati "terroristi". Un'espressione, quest'ultima, che nel linguaggio dei mass media filo-governativi indica i ribelli.Gli ispettori Onu hanno incontrato medici siriani responsabili dell'ospedale da campo di Muaddamiya, a sud di Damasco e una delle località del presunto attacco chimico del 21 agosto scorso. Muaddamiya è la località dove c'è stato il minor numero di morti - circa 70 - nell'attacco del 21 agosto, mentre le zone più colpite - con centinaia di uccisi secondo le fonti - sono quelle a est di Damasco, come Zamalka, Arbin e Ayn Tarma. MSF: 355 morti negli attachi chimiciTre ospedali nel governatorato di Damasco supportati dall’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere hanno riferito di «aver ricevuto circa 3.600 pazienti con sintomi neurotossici in meno di tre ore la mattina di mercoledì 21 agosto 2013. Di questi pazienti,355 sono deceduti». Secondo quanto riferito dai medici di Msf un gran numero di pazienti erano giunti nei presidi medici con sintomi quali convulsioni, eccesso di salivazione, pupille ristrette, visione offuscata e difficoltà respiratorie. «Medici senza frontiere non può né confermare scientificamente la causa di questi sintomi, né stabilire chi è responsabile per l'attacco -  dichiara Bart Janssens, direttore delle operazioni dell’organizzazione -. Tuttavia, i sintomi dei pazienti, in aggiunta al quadro epidemiologico degli eventi -caratterizzato dal massiccio afflusso di pazienti in un breve lasso di tempo, dalla provenienza dei pazienti, e dalla contaminazione dei medici e del personale sanitario – indicano chiaramente l'esposizione di massa ad un agente neurotossico. Ciò costituirebbe una violazione del diritto internazionale umanitario, che vieta assolutamente l'uso di armi chimiche e biologiche». Usa e Uk valutano l'intervento militareLa Casa Bianca ha smentito le indiscrezioni riferite dalla stampa britannica, e in particolare dai quotidiani The Daily Telegraph e The Daily Mail, secondo cui Stati Uniti e Gran Bretagna si appresterebbero a unire le forze per sferrare «a giorni» un attacco contro il regime siriano, accusato di aver fatto uso di armamenti chimici e di aver provocato la morte di centinaia di civili. «Il presidente Barack Obama non ha preso alcuna decisione di passare all'azione sul piano militare», hanno tagliato corto le fonti presidenziali riservate da Washington.«Gli Usa agiranno contro la Siria solo di concerto con la comunità internazionale e con una base giuridica», ha rassicurato il segretario della Difesa americano, Chuck HagelStando alle due testate londinesi, invece, l'ipotetico intervento imminente sarebbe stato valutato tra lo stesso Obama e il premier del Regno Unito, David Cameron, nel corso di una lunga conversazione telefonica riguardante la presunta strage operata dall'esercito di Assad con missili al gas nervino lanciati sull'oasi di Ghouta, alla periferia est di Damasco. L'attacco, secondo i ribelli, avrebbe provocato la morte di 1.300 civili, tra cui tantissimi bambini. Secondo quanto riferito dai due quotidiani britannici, Obama e Cameron si sarebbero congedati al termine di una lunga telefonata con l'accordo di risentirsi «entro 48 ore» per decidere in via definitiva, ventilando un'eventuale offensiva in Siria al massimo entro «dieci giorni».A difesa del regime di Damasco si schiera il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov che, in una conferenza stampa convocata d'urgenza a Mosca, commenta: «L'Occidente «non è stato in grado di produrre alcuna prova, ma continua comunque a dire che è stata varcata la linea rossa e che non ci può essere alcun ritardo» nell'intervenire. Inoltre, sottolinea Lavrov, gli esperti Onu in Siria hanno il mandato di accertare se sono state usate armi chimiche, non chi le ha usate.Bonino: no a intervento senza copertura OnuUn intervento militare in Siria senza la copertura del Consiglio di sicurezza dell'Onu non è praticabile. Lo ha ribadito il ministro degli Esteri Emma Bonino a Radio Radicale, invitando a considerare quale potrebbe essere la reazione di Russia e Iran. "Dovremmo evitare di rendere mondiale un dramma che è internazionale - ha aggiunto -. E anche l'opzione '1' di un intervento 'limitatò rischia di diventare illimitato". Gli stessi Paesi che premono per una soluzione militare in Siria si rendono conto delle difficoltà di tale opzione, ha puntualizzato Bonino, ricordando ad esempio che lo stesso collega francese Laurent Fabius ha parlato di"problemi non irrilevanti in caso di intervento senza mandato Onu". Inoltre, tali paesi, come anche la Gran Bretagna, dovranno "tenere conto delle proprie opinioni pubbliche e dei parlamenti" che potrebbero ostacolare un intervento militare, ha aggiunto il ministro.Il vescovo di Aleppo: c'è il rischio di una guerra mondialeSe ci fosse un intervento militare in Siria si rischierebbe «una guerra mondiale». Così monsignor Antoine Audo, vescovo di Aleppo e presidente di Caritas Siria. Il porporato, ai microfoni di Radio Vaticana ha espresso l'auspicio di «una forza internazionale che aiuti a dialogare e non a fare la guerra». La situazione ad Aleppo - spiega il vescovo - «è la peggiore» rispetto a tutta la Siria. «A Damasco, per esempio, si può viaggiare, c'è l'aeroporto, possono andare verso il Libano, mentre ad Aleppo non ci si può muovere - sottolinea -. Generalmente nella regione del litorale si vive tranquillamente, tanta gente da Aleppo è fuggita verso questa regione».​​​