Verso la Cop26/ -3 giorni. Clima, entro il 2050 otto Paesi africani senza raccolti
Che cosa potranno coltivare i piccoli agricoltori africani in un mondo sempre più caldo? Poco o nulla. È la conclusione del rapporto del Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo (Ifad) secondo cui, se il termometro continuerà a salire a causa del cambiamento climatico, la coltivazione dei prodotti necessari al sostentamento delle comunità locali, come di quelli destinati al mercato, rischia di subire entro il 2050 una riduzione fino all'80%. Le conseguenze potrebbero essere "devastanti" in particolare per otto Paesi dell'area orientale e meridionale già segnati da siccità estrema: Angola, Lesotho, Malawi, Mozambico, Ruanda, Uganda, Zambia e Zimbabwe.
Un esempio: ipotizzando lo scenario peggiore, ovvero un innalzamento delle temperature di 2 gradi, la produzione annuale di mais per ogni famiglia nella provincia di Namibe, in Angola, potrebbe diminuire in trent'anni del 77%. L'indisponibilità di cibo avrebbe un effetto gravissimo sui livelli di povertà. Nasce da qui l'appello ai leader delle nazioni che parteciperanno all'imminente Conferenza sul clima di Glasgow (Cop26): bisogna "canalizzare con urgenza - avverte l'agenzia Onu - finanziamenti volti ad aiutare i contadini in condizioni di vulnerabilità".
Il problema non è solo mobilitare i 100 miliardi di dollari all'anno promessi dai Paesi ricchi a quelli poveri per sostenere interventi di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico ma finanziare, più a lungo termine, l'adattamento di metodi e tipologie di coltivazione. Processo che nei soli Paesi in via di sviluppo potrebbe costare tra 140 e 300 miliardi di dollari l'anno. "Mitigazione e adattamento sono come le due ali di un uccello - ha spiegato Jyotsna Puri, funzionario Ifad - non possiamo continuare a volare con un'ala sola".