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I favorevoli. «Giusto ristabilire parità e rispetto»

Lucia Bellaspiga giovedì 26 maggio 2016

Un plauso al Cantone svizzero di Basilea e al suo Dipartimento dell’educazione viene da Souad Sbai, presidente della “Associazione donne marocchine in Italia”, soddisfatta «in quanto donna e in quanto araba». Reinserire nella nostra società «comportamenti discriminatori» come quelli dei due fratelli siriani di 14 e 15 anni, che rifiutano di stringere la mano alle docenti donna per motivi religiosi, «sarebbe stato uno schiaffo a chi combatte da mattina a sera per la parità tra i sessi e per una vera integrazione». Lo stesso tasto toccato già in Svizzera, quando scoppiò il caso, dal ministro della Giustizia Simonetta Sommaruga, che era sbottata in un «non è così che mi immagino l’integrazione». Era aprile e la stampa elvetica riportava il racconto dei due ragazzi, cresciuti in Svizzera ma in una famiglia definita radicale, i quali ammettevano di aver preso ispirazione da un video di proselitismo islamico. Ma altri immigrati musulmani prendevano le distanze, parlando di «moda neo-islamica non tollerabile». Non così l’imam di Lugano, Samir Radouan Jelassi, secondo il quale il divieto di contatto tra le mani «deriva dal voler evitare le tentazioni»...«Follie», taglia corto Souad Sbai, «bene ha fatto il Cantone Svizzero a stabilire una norma di rispetto, ma occorre anche un’educazione culturale che parta dagli adulti, e prima di dare il permesso di soggiorno è necessario far accettare una carta dei valori occidentali. Se fosse successo in Marocco sarebbe scoppiato uno scandalo: lì a volte la mano della docente la si bacia, tanto è il rispetto». «L’interesse pubblico – ha stabilito il Dipartimento dell’educazione – ha ampiamente la meglio» sulla «libertà di credo» degli alunni, in quanto tutela «l’uguaglianza tra uomo e donna e l’integrazione«. Affermazione che potrebbe suonare pericolosamente laicista, sulla scia della deriva francese che mira a vietare qualsiasi segno religioso in ambito pubblico.Ma Mauro Magatti, docente di Sociologia alla Cattolica di Milano, precisa: «Chiedere a un uomo di stringere la mano a una donna non lede alcun credo religioso, mentre tutela il rispetto per le donne. L’importante è trovare sempre un criterio di ragionevolezza, evitando sia chiusure contro le culture degli immigrati, sia dall’altra parte gli integralismi. In un contesto pubblico, i cittadini sono tenuti ad aderire a principi generali consolidati, così trovo del tutto accettabile in questo caso la decisione del Cantone di Basilea, che paragono al divieto di girare per le nostre strade con il volto coperto interamente dal burqa: entrambi sono eccessi che una società occidentale non può accettare». Ha molti più sospetti verso una «laicità astratta» la storica Emma Fattorini, preoccupata dalla tendenza alla francese di «cancellare le differenze creando una sorta di sovrareligione laicista altrettanto dogmatica». Raccomanda, dunque, di valutare sempre «caso per caso». «Quando in Francia scoppiò la polemica per le ragazze espulse dal liceo in quanto indossavano il velo a volto scoperto, ero dalla loro parte: che male facevano? Ma è vero che nel caso svizzero non si tratta di un comportamento privato che riguarda solo la sfera privata dei due ragazzi, bensì di una relazione che viene negata. Quando sono andata all’ambasciata iraniana mi è stato raccomandato di non porgere la mano, ma devo dire che sono stata trattata con ossequio. Sono usanze deprecabili, specie per la nostra tradizione cristiana che si fonda sull’uguaglianza tra tutti gli esseri umani, ma eviterei sovraesposizioni mediatiche e guerre di religione: la Svizzera così ha deciso, e così sia».