Dopo le proteste. Giappone, i primi Marine lasciano la base di Okinawa
La base militare americana Kadena sull'isola meridionale giapponese di Okinawa
Lo scorso fine settimana ha visto l’avvio della ricollocazione di una parte dei Marine statunitensi di stanza a Okinawa prevista da un accordo ormai decennale tra Tokyo e Washington. Un processo che richiederà un tempo incerto se non per la prima fase in cui un centinaio di militari con funzioni logistiche si trasferiranno entro il 2025 sull’isola di Guam, avanguardia di altri 4.000 con la stessa destinazione. Di ulteriori 5.000 è previsto il trasferimento in basi delle Hawaii o altrove su territorio americano.
Di «un’importante pietra miliare raggiunta da quando nel maggio 2006, la ricollocazione di Marine statunitensi è stata stipulata con la firma del Percorso Usa-Giappone per l’attuazione del riallineamento» parla il comunicato del ministero della Difesa nipponico, dove si sottolinea peraltro che i governi dei due Paesi «continueranno a lavorare insieme per rafforzare le capacità di deterrenza e risposta dell’alleanza Usa-Giappone, impegnandosi contemporaneamente a limitare l’impatto sulle comunità locali, incluse quelle di Okinawa». Indicato nel comunicato anche l’incremento della cooperazione tra i Marine e le Forze di autodifesa giapponesi (di fatto forze armate di notevole dotazione tecnica e capacità, ma con una denominazione che rispecchia l’obbligo esclusivamente di protezione del territorio nazionale stabilito nell’articolo 9 della Costituzione). In questo senso saranno condotte esercitazioni congiunte a Guam e nelle limitrofe isole Marianne settentrionali.
Se Guam è una dipendenza Usa a oltre 6.000 chilometri dalle più vicine coste americane, strategicamente determinante per la relativa equidistanza sia dai principali partner asiatici di Washington (Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine), sia dai maggiori potenziali avversari (Repubblica popolare cinese e Corea del Nord), Okinawa, che ospita 19mila Marine su un totale di 55mila militari americani stanziati nell’arcipelago, è un anello determinante nella catena di contenimento dell’espansionismo cinese e delle velleità di affermazione del regime nordcoreano. Non senza opposizione. Significativa la reazione di un’attivista impegnata a contrastare lo spostamento della base aerea di Futenma in un altro sito dell’isola quando si è diffusa la notizia del via libera alle partenze dei Marine: «Fino a quando i soldati americani non se ne andranno la criminalità non potrà essere sradicata. Personalmente non mi sento sicura con soli 100 militari in partenza». L’allusione è ai crimini di natura sessuale, con personale Usa finito sotto accusa ma sottratto alla giurisdizione dei tribunali locali.
L’ostilità degli abitanti di Okinawa verso le basi ha diverse ragioni, a partire dell’impatto ambientale e sociale delle strutture militari in un’area che copre solo lo 0,6 per cento del territorio giapponese. Incompleto per l’opposizione della popolazione locale lo spostamento di parte delle strutture in aree meno popolate ma anche sottoposte a maggiore tutela ambientale, la decisione del ricollocamento è sembrata l’unica via per evitare tensioni ancora più accentuate.
Imponente il costo stimato della ridistribuzione a Guam dei Marine e delle strutture necessarie: 8,6 miliardi di dollari, di cui circa un terzo, 2,8 miliardi, a carico del Giappone.