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L'incontro. Gentiloni da Trump: «Insieme per lottare contro il Daesh»

Roberta D’Angelo venerdì 21 aprile 2017

E' il turno dell’Italia, il terzo dei Paesi Ue. Il premier Paolo Gentiloni arriva alla Casa Bianca dopo una lunga giornata di incontri che confermano la «storica» alleanza tra due Nazioni accomunate oggi da un «interesse » di grande rilievo: la lotta al Daesh. Su questa base si apre il rapporto con il neopresidente Donald Trump. Il capo di Stato Usa si è già presentato al mondo con la sua politica estera interventista. Ma è il momento di tessere la tela per entrambi. E Gentiloni gioca la carta Taormina, dove – sottolinea – lo attende il 26 e 27 maggio per il G7.

Un invito a cui Trump risponde con «piacere»: «Non vedo l’ora», dice. Di fronte alla nuova strategia americana, però, Gentiloni sa di non poter assecondare le aspettative statunitensi di una intensificazione della spesa militare del nostro Paese, che per l’America dovrebbe raggiungere il 2 per cento, come previsto dalla Nato. Impegno che il nostro Paese non può mantenere, per non sforare i vincoli europei, sebbene gli investimenti nel settore della difesa siano aumentati dall’1,2 all’1,4 per cento, con una spesa di 23,4 miliardi di euro nel 2014. E soprattutto, specifica il nostro presidente del Consiglio, l’Italia dà un «significativo contributo» alla lotta contro il terrorismo «in sette Paesi: secondi contributori dopo gli Usa in Iraq e Afghanistan», spiega già in mattinata, al think tank del Center for Strategic and International studies prima dell’incontro con Trump. Lo scenario internazionale sullo sfondo, con la tensione altissima all’interno della quale si muove deciso Trump, è la cornice del primo vertice tra i due leader.

Dai bombardamenti in Siria e in Afghanistan al pugno duro con la Corea del Nord, fino alla ridiscussione dell’accordo nucleare con l’Iran, il presidente repubblicano pone gli alleati di fronte a un approccio più deciso e interventista. «Può essere l’anno della sconfitta del Daesh», dice Gentiloni, che conferma l’impegno anti-terrorismo dell’Italia, come chiesto dall’alleato. E nella Studio Ovale, a Trump Gentiloni chiede di sostenere gli sforzi che l’Italia compie a partire dalla Libia – dove ancora l’approccio della nuova amministrazione non è emerso con chiarezza – sia in chiave di gestione dei flussi migratori sia di contrasto al terrorismo islamico. «Insieme possiamo contribuire a stabilizzare il Paese», sottolinea il capo dell’esecutivo aggiungendo che «il lavoro degli Usa in Libia è fondamentale».

Ma Trump non ha fatto concessioni: «Non vedo un ruolo degli Stati Uniti in Libia,credo che gli Stati Uniti abbiano già abbastanza ruoli. Vedo un ruolo nella lotta all’Isis e questo è quello che faremo». In Siria, secondo l’Italia, c’è bisogno di un approccio negoziale multilaterale fermo restando che «Assad non può essere l’uomo del futuro». I bombardamenti ordinati da Trump sono stati «una risposta motivata all’uso di armi chimiche», ma resta il no ad una «soluzione militare della crisi siariana». Quanto alla Turchia, di fronte all’esito del referendum, «guardando in una prospettiva europea mi auguro che vi sia una reazione inclusiva, che non lasci fuori metà del Paese», incalza Gentiloni. Bisogna però, aggiunge il presidente del Consiglio italiano, in un momento di rapporti tesi tra Washington e Mosca, tenere al tavolo la Rus-È sia: «Isolarla non è produttivo».

Di certo, dice ancora il premier, «non dobbiamo mostrare debolezza, sarebbe un errore, ma se siamo uniti dobbiamo coinvolgere la Russia» per risolvere le crisi in corso non solo in Siria ma anche in Ucraina. «L’idea di isolare la Russia non è una cosa sensata dal punto di vista storico, psicologico. Quando attaccata, la Russia reagisce con un incredibile orgoglio ed energia; quando coinvolgi la Russia, essa mostra le proprie debolezze. Dovremmo studiare quello che è successo negli anni ’80». Se dunque in politica estera gli Usa si attendono sforzi dal nostro Paese per intensificare le missioni di pace dall’Iraq all’Afghanistan, riguardi ai dossier economici, dopo le spinte protezioniste di Trump, Gentiloni ha a più riprese ribadito che tra i nostri «principi» ci sono una società e un’economia «aperte».

Di «principi» Gentiloni parla anche nell’unica dichiarazione rilasciata ai giornalisti a Washington prima dell’incontro alla Casa Bianca. Un discorso che sembra ricalcare, dall’altra parte dell’Oceano, quello del presidente americano. Il nostro rapporto con gli Usa, anche nella nuova stagione trumpiana, è innanzitutto «nell’interesse » del nostro Paese per cui verranno coltivati i rapporti «storici», ma sostenendo «a testa alta» i nostri «valori». Di qui il messaggio che il presidente del Consiglio lancia all’alleato, in passato esultante per la Brexit e per le spinte disgregatrici dell’Europa: «Dal punto di vista americano non dobbiamo dimenticare che l’Europa è una incredibile storia di successo. Sono preoccupato dalla “tempesta perfetta” degli ultimi anni, ma sono ottimista sulla capacità di cambiare dell’Europa, almeno sull’economia e i migranti».

E proprio «la sicurezza nel Mediterraneo come caposaldo della stabilità globale è il tema del mio intervento –aveva anticipato lo stesso Gentiloni – . L’Italia è impegnata ad affrontare le sfide delle crisi recenti, che dalla nostra prospettiva corrispondono a una serie di priorità: gestire in maniera efficace i flussi migratori, stabilizzare le aree di crisi in Medio Oriente e Africa, sradicare il Daesh. Per affrontare questi temi, è fondamentale riaffermare il legame transatlantico ».