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Medio Oriente. Settimo venerdì di mobilitazione a Gaza, un morto e 170 feriti

Lucia Capuzzi venerdì 11 maggio 2018

Ancora un altro venerdì di sangue al confine tra Gaza e Israele. Il settimo da quando, il 30 marzo, è cominciata la “Marcia del ritorno”, per protestare contro la creazione dello Stato d’Israele nel 1948 e rivendicare il diritto al ritorno nelle terre arabe confiscate da quest’ultimo.

Ieri, al termine della preghiera del venerdì, i manifestanti, distribuiti in cinque punti della frontiera, hanno lanciato pietre contro la barriera e impiegato aquiloni incendiari per sorvolare in confine. In risposta, l’esercito israeliano ha impiegato i lacrimogeni e ha aperto il fuoco. Jaber Salem Abu Mustafa, 40 anni, è stato ucciso vicino al campo profughi di Bureij. Almeno 170 persone, secondo fonti mediche palestinesi, sono state ferite. Sei in modo grave. Tra loro anche un ragazzino di 16 anni, colpito al volto.

La “rivolta” dovrebbe intensificarsi nei prossimi giorni. Lunedì è il settantesimo anniversario della fondazione di Israele. In contemporanea, gli Usa sanciranno il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico, aprendo l’ambasciata che, finora, aveva sede a Tel Aviv.

Martedì è, poi, il giorno che i palestinesi chiamano della “Nakba”, cioè “catastrofe”, l’inizio dell’esodo successivo alla guerra del 1947-48 e alla nascita di Israele.

Alle tensioni politiche, si somma la drammatica situazione sociale di Gaza. Governata dal gruppo islamista Hamas, la Striscia è soggetta a embargo da parte di Israele ed Egitto. Il che ha provocato un peggioramento delle condizioni economiche degli oltre due milioni di abitanti. Il tasso di disoccupazione sfiora il 43 per cento, il più alto al mondo.