L'intervista. Galbraith: «Il rischio brogli è più alto adesso che nel 2009»
Fu il primo a denunciare l’esistenza di brogli durante il voto del 2009 che confermò alla presidenza Hamid Karzai per altri cinque anni. A causa delle sue proteste, Peter Galbraith perse da un giorno all’altro il posto di inviato speciale dell’Onu per l’Afghanistan e fu richiamato negli States. Diventato senatore del Vermont, l’ex ambasciatore americano (figlio dell’economista John Kenneth Galbraith) non esita a ripetere le sue accuse. Senatore Galbraith, com’è la situazione in Afghanistan alla vigilia di questo nuovo voto? In termini di potenziali brogli elettorali e di rischi di guerra civile, è peggiore di quella del 2009. Nel 2009 il problema principale del voto fu che la cosiddetta Commissione elettorale indipendente era stata nominata quasi interamente da Karzai, che era anche un candidato alla presidenza. Questo gli permise di rubare la vittoria. Siamo riusciti ad appurare che un terzo dei suoi voti erano fraudolenti.
Però allora l’Onu era coinvolta nell’organizzazione delle elezioni… Nel 2009 c’erano degli elementi positivi. All’interno della Commissione elettorale c’erano alcuni membri dell’Onu che furono in grado di individuare la frode. Questa volta non ci sono controlli esterni. La Commissione è ancora stata nominata da Karzai, che non ha potuto candidarsi, ma che sostiene Zalmai Rassoul e che farebbe di tutto per impedire un vittoria di Abdullah Abdullah.
Cosa può fare a questo punto la comunità internazionale? La comunità internazionale è stata complice nel creare questa situazione e adesso deve conviverci. Abbiamo fatto finta di niente quando sono emersi i brogli del 2009. Ma quell’elezione ha letteralmente creato una guerra civile all’interno dell’etnia pashtun. Da una parte ci sono gli alleati di Karzai, compresi i potenti signori provinciali e i trafficanti di droga. Dall’altra i taleban.
In che modo l’esito delle elezioni influenzerà la presenza di una piccola componente di forze americane dopo la fine della missione dell’Isaf? Barack Obama non è stato finora in grado di far firmare a Karzai un accordo che fornisca una copertura legale ai soldati Usa. Penso che tutti e tre i possibili vincitori, Ashraf Ghani, Abdullah Abdullah e Zalmai Rassoul, firmeranno l’accordo di sicurezza bilaterale con il Pentagono. Il vero problema è che dopo lo scrutinio le condizioni sul terreno potrebbero essere talmente destabilizzate da rendere troppo pericolosa una presenza americana.
Teme un consolidamento di potere da parte dei taleban? In parte. Perché se emergessero pesanti brogli una fazione pashtun potrebbe cercare di prendere il potere con la forza. Ma il pericolo più grande è che le etnie tagika, azara e uzbeca si sentano imbrogliate e comincino ad attaccare sistematicamente i pashtun, scatenando una guerra di tutti contro tutti. Con livelli di violenza peggiori di quelli visti finora? Quello che abbiamo visto finora sono i taleban che cercano di ostacolare le elezioni. E sicuramente in qualche provincia ci riusciranno, come cinque anni fa, quando, con atti intimidatori, impedirono a interi villaggi di votare. Con un’affluenza più alta nelle aree pashtun nel 2009, Abdullah avrebbe vinto. L’aspetto più tragico di tutto ciò è che quando nel 2009 sia gli Stati uniti che le Nazioni Unte hanno riconosciuto la vittoria di Karzai hanno perso credibilità locale e il supporto internazionale per la loro missione in Afghanistan. Oggi ne vediamo le conseguenze.