Giappone. A Fukushima via libera a inquinare l'Oceano. La rabbia di Pechino
I depositi dell'acqua contaminata a ridosso del reattore 1 di Fukushima
Un impatto «trascurabile» sull’ambiente. Così il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), l’argentino Rafael Grossi ha sostanzialmente dato il via libera alle operazioni di svuotamento nel mare prospiciente la centrale nucleare di Fukushima-1 di 1,3 milioni di tonnellate di acqua di raffreddamento (equivalenti al contenuto di 500 piscine olimpioniche) accumulata nel tentativo di impedire la fusione del combustibile atomico nei reattori in avaria dallo tsunami seguito al sisma dell’11 marzo 2011.
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Grossi è arrivato a Tokyo per illustrare il rapporto dell’agenzia sulle operazioni di svuotamento graduale del migliaio di cisterne costruite. Dopo due anni di verifiche e di studi, l’Aiea ha concluso che i piani di smaltimento sono in linea con gli standard di sicurezza internazionali e che avranno «un effetto radiologico trascurabile su popolazione e ambiente». Consegnando il rapporto in un corposo faldone blu al primo ministro Fumio Kishida, Grossi ha confermato il costante monitoraggio della sua agenzia sulle operazioni di smaltimento che Tokyo vuole per avviare al più presto i lavori di dismissione e demolizione della centrale e dei sei reattori di cui è prevedibile la fine alla metà del secolo. A questo punto manca solo il permesso dell’authority giapponese per la sicurezza nucleare al gestore della centrale, Tokyo Electric Company (Tepco).
Si attendeva il rapporto, ma anche la fine della costruzione del tunnel sottomarino lungo un chilometro che porterà l’acqua dalla centrale verso la vasca al largo dove avverrà il filtraggio definitivo prima dell’espulsione. Il rapporto era però atteso dalla popolazione locale, che teme forti ripercussioni sulla pesca che insieme a prodotti agricoli d’eccellenza, a carni e latticini, aveva visto una forte ripresa, incentivando il ripopolamento delle aree colpite dalla triplice catastrofe: terremoto di magnitudo 9.0, tsunami di eccezionale potenza e altezza, fuoriuscita di radiazioni e rischio catastrofico di meltdown dei reattori.Infine, lo svolgersi della crisi è stato seguito dall’inizio con apprensione e qualche strategia da Cina, Coree e Russia che condividono aree marittime su cui si affaccia il Giappone. Ieri, precedendo la consegna del rapporto a Kishida, l'ambasciatore cinese a Tokyo, Wu Jianghao, ha espresso in una conferenza stampa appositamente convocata la contrarietà del suo Paese e suggerito che si individuino altre procedure, sicure, trasparenti e condivise dai Paesi vicini. Il ministero degli Esteri cinese, da parte sua, non solo ha accusato Tokyo di avere ignorato le preoccupazioni internazionali, ma di volere «usare l'Oceano come una fogna».
Il direttore dell'Aiea, Rafae Grossi - Ansa
Note sono le resistenze sudcoreane, al punto che il presidente Yoon Suk Yeol sta portando avanti personalmente una campagna di convincimento per evitare il boicottaggio di prodotti giapponesi, mentre nei supermercati già scarseggiano sale e altri prodotti per le vendite eccezionali dovute al timore di future restrizioni. Preoccupazione sul piano ambientale e etico è stata evidenziata dalla Commissione per l'ambiente e dalla Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale cattolica sudcoreana insieme a una cinquantina di organizzazioni diocesane e della società civile. In un appello congiunto diffuso da Fides, hanno proposto di “cercare attivamente strade alternative ottimali”, sottolineando che «nell’era della crisi climatica, in questo momento in cui stiamo contemplando e lavorando insieme per la transizione verso un mondo sostenibile, lo scarico di acqua radioattiva da Fukushima nell'Oceano è una minaccia per l'ecosistema della nostra Casa comune, la Terra».
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