Sulle ceneri di un dibattito al Senato sull’eutanasia sfociato nel nulla, la Francia rilancia le cure palliative. Ha preso alla fine una piega imprevista ciò che era cominciato come un nuovo tentativo-lampo d’introdurre il diritto di «far morire». Nella notte di ieri 170 senatori contro 142 hanno votato «no» al progetto di legge denominato «assistenza medicalizzata alla morte» presentato con una iniziativa trasversale da tre senatori di governo e opposizione. Nelle ultime ore, persino un’esponente di punta del Partito socialista come la candidata all’Eliseo Ségolène Royal ha lanciato un avviso ai sostenitori dell’eutanasia del proprio partito: «Occorre accompagnare nella dignità la fine della vita, ma personalmente nutro grandi riserve sulla legislazione riguardante l’eutanasia». Dichiarazioni affiancate da quelle analoghe di Robert Badinter, il più emblematico ex ministro socialista della Giustizia, figura tutelare della sinistra da quando ha legato il suo nome alla legge di abolizione della pena di morte voluta dall’allora presidente Mitterrand.Ma dunque, su quali basi era nato il tentativo d’introdurre l’eutanasia? È la domanda spontanea a cui molti cercano adesso di rispondere. Per certi analisti il progetto di legge è forse il frutto di giochi interni di partito, soprattutto a sinistra, in vista dell’imminente corsa all’Eliseo. In altri termini, su una questione tanto delicata c’è chi si è precipitato allo scoperto senza neppure accertarsi del consenso nel proprio partito. Il primo articolo della bozza iniziale introdotta in Senato, dedicata all’«assistenza medica per morire», non ricorreva a perifrasi: «Ogni persona capace e maggiorenne, in fase avanzata o terminale di un’affezione accidentale o patologica e incurabile, che gli provoca una sofferenza fisica o psichica che non può essere lenita o che la persona giudica insopportabile, può domandare di beneficiare, nelle condizioni previste dal presente titolo, di un’assistenza medica che permetta, attraverso un atto deliberato, una morte rapida e senza dolore».L’iniziale passaggio in Commissione affari sociali aveva subito suscitato una vasta polemica, data la nota posizione contraria, in proposito, dell’Ump, la sigla di maggioranza del presidente Nicolas Sarkozy. Ed è stato in particolare proprio il premier neogollista François Fillon a dissociarsi con un intervento pubblicato dal quotidiano
Le Monde.Martedì mattina, la Commissione affari sociali ha dunque fatto dietrofront, approvando una serie di emendamenti di semplice soppressione dei singoli articoli della bozza. Il voto al Senato, giunto nella notte fra martedì e ieri, si è così trasformato in un avallo dato dalla maggioranza a tali emendamenti.È dunque soprattutto a partire da ieri che tante voci si sono levate per ricordare una verità semplice: la scarsa applicazione, finora, degli articoli sulle cure palliative previsti dal quadro normativo del 2005, quella legge sulla «fine della vita» firmata dal deputato neogollista e medico Jean Leonetti che rifiuta eutanasia e accanimento terapeutico. Un editoriale di Dominique Quinio, direttrice della
Croix, rilanciava ieri una domanda: «Prima di legiferare di nuovo, non è forse saggio lasciare alla legge Leonetti il tempo di essere conosciuta, applicata, valutata nei suoi effetti? Urge lo sviluppo della cultura delle cure palliative affinché tutto il territorio sia irrigato e siano colmate le disuguaglianze». «Un segnale di civiltà al quale guardiamo positivamente e che ci spinge ad andare avanti nella nostra battaglia politica e parlamentare per sostenere e affermare le ragioni della vita». È il commento del capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, il solo politico italiano che ieri si è espresso sulla notizia giunta da Parigi. Ora, ha aggiunto Gasparri, «ci batteremo perché nel nostro paese questi principi non lascino il passo a derive eutanasiche. Auspichiamo piuttosto il varo di una buona legge sul fine vita che definisca principi fondamentali».