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AUTUNNO CALDO. Francia, 2 milioni in piazza contro le nuove pensioni

Daniele Zappallà mercoledì 8 settembre 2010
Circa 1,1 milioni di manifestanti in strada, secondo il Ministero francese dell’Interno. Almeno 2,5 milioni, invece, secondo i sindacati. Anche la nuova giornata di agitazioni che ha paralizzato ieri la Francia si è chiusa con il consueto balletto di cifre divergenti. Ma anche tenendo conto della stima governativa, secondo quanto sostenevano ieri sera le principali sigle sindacali, l’obiettivo delle proteste sarebbe stato raggiunto: far comprendere al governo neogollista che il Paese non digerisce la riforma delle pensioni giunta proprio ieri al vaglio dell’Assemblée Nationale.Nonostante la recente instaurazione anche in Francia di un servizio minimo nei trasporti, la vita nel Paese è stata notevolmente rallentata. Meno della metà dei treni circolavano e anche i trasporti metropolitani delle principali aree urbane, a cominciare da quella parigina, hanno funzionato nel migliore dei casi a singhiozzo. I disagi sono stati forti pure negli aeroporti e la protesta ha raggiunto inoltre il mondo della scuola, dove si era cominciato a scioperare già lunedì, oltre a quasi tutti gli altri servizi pubblici, come uffici postali, radio e tv.L’opposizione si è mostrata ieri al fianco dei sindacati, nonostante negli ultimi mesi diverse voci del Partito socialista avessero riconosciuto il carattere necessario di correttivi all’attuale sistema. Il progetto di riforma prevede essenzialmente l’allungamento di due anni dell’età minima per lasciare il lavoro. Presente fra gli almeno 80mila manifestanti del corteo parigino, la segretaria socialista Martine Aubry non ha risparmiato gli affondi: «Quando un Paese scende in strada, occorre sostenere la strada e un governo in una democrazia non può far altro che ascoltare, altrimenti non si è più in una vera democrazia». Per la più influente signora della sinistra, «il governo e il presidente della Repubblica devono comprendere che questa riforma è un concentrato d’inefficacia e d’ingiustizia».   Ma in giornata, parlando davanti ai deputati, il premier François Fillon ha insistito sul carattere «ragionevole» e «indispensabile» del dispositivo. Fin dal mattino, del resto, il presidente Nicolas Sarkozy aveva ribadito privatamente ai deputati della maggioranza le ragioni della necessaria «fermezza». Ad offrire un sostegno alla linea del governo è stato ieri persino il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, pronto a ribadire che in tutta Europa occorre «lavorare più a lungo». I sindacati sperano ancora di poter strappare nuovi margini di negoziazione, ma in parallelo certi osservatori stigmatizzavano già ieri la «sterilità» di un modello di scontro «superato».