Il caso. Macron «riabilita» bin Salman, principe ereditario dell'Arabia Saudita
Il principe saudita Mohammed bin Salman
Procede, tra le polemiche, la riabilitazione internazionale del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Dopo una prima tappa in Grecia, MbS è stato ricevuto ieri sera per «una cena di lavoro» all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron, reduce da una tournée in Africa. Si tratta della prima visita in Europa del principe, sospettato da più parti di essere il mandante dell’assassinio, avvenuto il 2 ottobre 2018 al consolato saudita di Istanbul, del giornalista saudita Jamal Khashoggi, firma del Washington Post.
In un messaggio redatto in francese e indirizzato all’agenzia Afp, la ex fidanzata di Khashoggi, Hatice Cengiz, si è detta «scandalizzata e indignata» per il ricevimento «con tutti gli onori al carnefice del mio fidanzato». Insorgono anche le associazioni di difesa dei diritti umani, come Reporter senza frontiere, Human Rights Watch e Amnesty International, che dal 2019 gridano contro «l’hypocrisie» della Francia. Due Ong hanno persino sporto una denuncia di 42 pagine contro MbS in un tribunale della capitale francese. Nel loro comunicato, Democracy for the Arab World Now (Dawn) e Trial International affermano che MbS «non beneficia dell’immunità in quanto è principe ereditario e non capo di Stato».
Con la visita all’Eliseo pare quindi terminato il “purgatorio” del principe della corona, messo al bando per le sue responsabilità nel barbaro assassinio. In verità, la “riabilitazione” di MbS era già iniziata il 4 dicembre scorso quando lo stesso Macron aveva infranto, primo tra i leader occidentali in carica, il tabù della stretta di mano con MbS, incontrandolo nel corso della sua visita in Arabia Saudita. Alla polemica suscitata dal gesto in Francia, Macron aveva allora fatto notare che «l’Arabia Saudita ha organizzato il G20 nell’anno successivo al caso Khashoggi, e non ho visto molte potenze boicottarlo. Non si può avere un ruolo nella regione se si ignorano i sauditi».
Da allora, altri leader si sono piegati alla realpolitik, altri no. Almeno fino all’inizio della guerra in Ucraina. Business is business, insomma. E il boicottaggio non regge quando si tratta del leader di fatto di un Paese produttore di petrolio. Tanto meno in un contesto che costringe le potenze industriali a cercare disperatamente fonti alternative di energia.
La visita in Francia di MbS avviene, infatti, a meno di due settimane dall’accoglienza (poco calorosa, bisogna ammettere) a Gedda del presidente americano, che ha sancito un passo indietro di Joe Biden, prima molto critico sulla politica saudita. Biden ha evitato di stringere la mano al leader di fatto dell’Arabia Saudita, che aveva definito come «paria», accontentandosi di un saluto col pugno.
A questo “pragmatismo” si sono piegati anche specialisti del Medio Oriente come Georges Malbrunot. Il giornalista ha affermato in una trasmissione che «l’Arabia Saudita sarà guidata da MbS per 40 anni» e che «non possiamo chiuderci nella nostra torre d’avorio e dire che, in nome dei valori, non dobbiamo ricevere questo monsieur».