Un torrente tranquillo di almeno 100 mila manifestanti sabato in strada per il solo corteo a Parigi, nonostante certi tentativi residui e quasi fumettistici di minimizzare da parte dei media ufficiali. Giorno dopo giorno, continua a rafforzarsi in tutta la Francia la mobilitazione dal basso contro la bozza di legge socialista sulle nozze e adozioni gay. E adesso, c’è chi spera in una «marea montante fino all’ora culminante»: ovvero, quella del 13 gennaio, in occasione della manifestazione nazionale unitaria prima del possibile inizio in Parlamento del dibattito sulla bozza. Oltre che a Parigi, ieri pomeriggio si è manifestato in una decina di grandi città da Lione a Marsiglia, Tolosa, Rennes, Nantes e in capoluoghi minori. Nella capitale, la “grande prova generale” si è chiusa in un clima effervescente e ottimista, come attestavano le dichiarazioni dal fronte molto eterogeneo degli organizzatori: associazioni familiari o pro-life non solo cristiane e collettivi creati ad hoc. A sfilare, pure centinaia di sacerdoti e altri rappresentanti religiosi, intellettuali, associazioni professionali di psicanalisti e non solo, esponenti politici perlopiù del centrodestra, persino un’associazione omosessuale (“Plus gay sans mariage”) e gruppi dissidenti di sinistra. Proprio una “manifestazione per tutti” capace di zittire i soliti e triti stereotipi sul presunto «settarismo» degli oppositori alle nozze gay. Il corteo parigino, avvolgente e variopinto, ha raggiunto e riempito la spianata dietro l’Hôtel des Invalides, esibendo centinaia di magliette rosa, rivendicando con forza il proprio«rifiuto dell’omofobia», applaudendo persino i “kiss-in” omosessuali incrociati lungo il percorso, spingendo con il sorriso passeggini e brandendo esemplari rossi di quel codice civile dove potrebbero scomparire quasi del tutto, secondo i progetti del presidente François Hollande e del premier Jean-Marc Ayrault, i termini «padre» e «madre» negli articoli dedicati alla famiglia. «Tutti nati da un uomo e da una donna», recitava uno deli slogan principali, in linea con lo stile generale risoluto e sobrio.A Lione, ha partecipato «a titolo personale» pure il cardinale Philippe Barbarin, primate delle Gallie. Qui, fra i circa 20mila manifestanti, figurava inoltre per la prima volta un alto rappresentante della comunità musulmana, Kamel Kabtane, rettore della Grande moschea locale. Nel corso di una giornata che resterà per molti indimenticabile, si sono spente quasi all’unisono tutte le accuse scagliate a livello ufficiale contro il movimento nelle scorse settimane. In particolare, quella di «non rappresentare la diversità della Francia». L’8 dicembre, si sfilerà in altre importanti città, fra cui Bordeaux e Lilla.Nei giorni scorsi, nel corso della sua prima conferenza stampa semestrale, Hollande aveva difeso «una riforma all’insegna dell’uguaglianza e della libertà», pur assicurando che «tutti i credi e sensibilità devono essere ascoltati e rispettati». Ma le manifestazioni di ieri promettono ormai d’innescare un autentico braccio di ferro. Fra l’altro, il capo dell’Eliseo riceverà martedì un importante rapporto sui diritti del bambino, mentre venerdì prossimo si attende l’intervento alle “Settimane sociali” transalpine della giovane Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti della donna e portavoce del governo.Il clamore duraturo delle manifestazioni di sabato ha pure nettamente relegato in secondo piano le nuove manovre dell’Istituto Civitas, la sedicente «associazione culturale» di stampo perlopiù antirepubblicano che aveva rifiutato l’invito a confluire nelle manifestazioni di sabato. Pur avendo dato luogo a qualche incidente, come temeva il fronte ufficiale e pluralista contro le nozze gay sostenuto dalla Conferenza episcopale francese, il piccolo corteo domenicale dell’Istituto Civitas ha soprattutto esibito involontariamente il proprio grande isolamento. Nelle ultime ore, alcuni parlamentari hanno rilanciato l’ipotesi di uno scioglimento forzoso del gruppo da parte del Ministero dell’Interno. Intanto, un’inchiesta giudiziaria potrebbe essere aperta sulle aggressioni domenicali da parte di alcuni dei «manifestanti» ai danni di un gruppo femminista sceso in strada per esporre il proprio rifiuto.