Veli islamici integrali, come il burqa o il niqab, che nascondano completamente il viso e l'identità delle donne, a partire da oggi saranno fuorilegge in Francia, con l'entrata in vigore della legge, la prima in Europa del suo genere, che fu promulgata il 12 ottobre scorso al termine di un iter travagliato. Il provvedimento, che si stima interessi all'incirca 2.000 donne, prevede multe fino a un massimo di 150 euro per le recalcitranti, che può accompagnarsi all'obbligo di un corso di cittadinanza francese. Ma le multe possono divenire estremamente salate per gli uomini che impongano il velo a una donna: fino a 30.000 euro, che raddoppiano a 60.000 euro con due anni di carcere se la donna è minorenne. Certo, la legge non colpisce solo il velo islamico, ma proibisce nei luoghi pubblici (strade, piazze, parchi, strade o esercizi commerciali) di celare il volto con maschere, veli, passamontagna o caschi integrali. Ma nella circolare diramata il 3 marzo a ministri e prefetti, il premier, Francois Fillon, insisteva che lo spirito della legge deve «riaffermare in modo solenne i valori della Repubblica e del vivere insieme».
Donne con il velo integrale niqab, sostenute da militanti di varie associazioni, sono state fermate stamattina davanti alla cattedrale di Notre-Dame, nel centro di Parigi, al primo giorno dell'entrata in vigore della legge che vieta di indossare il burqa.Le due donne con il niqab fermate oggi a Notre Dame con alcuni simpatizzanti sono state sottoposte al provvedimento perché partecipavano ad una manifestazione non autorizzata e non in base alla nuova normativa sul divieto di veto. «Oggi - ha spiegato un commissario di polizia che dirigeva le operazioni - non si è proceduto a questi fermi sulla base del velo indossato dalle donne. Il motivo è stato il mancato rispetto del dovere di annunciare la manifestazione». L'organizzatore della manifestazione, Rachid Nekkaz, dell'associazione "Giù le mani dalla Costituzione", afferma di essere stato «fermato in compagnia di un'amica con il niqab» davanti al palazzo dell'Eliseo, sede della presidenza della Repubblica, poco prima della manifestazione davanti a Notre-Dame: «volevamo far mettere a verbale il motivo, "indossava il niqab", ma la polizia non ha scritto nulla».
Le legge sul velo integrale, entrata in vigore oggi in Francia, sarà «estremamente difficile da far applicare», secondo il sindacato francese dei commissari di polizia. In un intervento alla radio France Inter, Manuel Roux, vice-segretario generale del sindacato, sostiene che la cosiddetta legge sul burqa sarà «estremamente difficile da far applicare e sarà anche applicata molto poco. Ancora una volta si parlerà di fallimento della polizia. Anche di fronte a casi chiaramente provocatori - aggiunge - non si potrà fare granché». Secondo Roux, il ruolo del poliziotto che incrocia una donna in burqa o in niqab, nonostante il divieto, potrà solo «cercare di spiegarle la situazione, di essere pedagogico, di convincerla». Ma se la donna rifiuta di togliere il velo che le nasconde il viso «le cose si complicano - spiega ancora Roux -, non possiamo costringerla. La circolare del ministro dell'Interno Gueant non ci consente di usare la forza». La legge prevede anche di punire quanti, mariti o compagni soprattutto, obbligano la donna a indossare il velo integrale. Ma questo reato, secondo il sindacalista, sarà «quasi impossibile» da stabilire."È certo che l'uso del velo integrale non fa parte dell'Islam francese. È certo che si potrebbe convincere le donne a non indossarlo. Ma non sono sicuro che una legislazione possa riuscire in questo obiettivo. Temo invece che possa contribuire a stigmatizzare ulteriormente i musulmani, nonostante tutte le parole dette": sono i dubbi sulla legge francese che vieta il velo integrale islamico, da oggi in vigore, di mons. Michel Santier, vescovo di Creteil, presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose."Perché i musulmani facciano integralmente parte della Nazione francese - dice il vescovo in un'intervista al Servizio di Informazione Religiosa della Cei -, occorre attendere del tempo" perché "i processi di integrazione sono dinamiche che richiedono pazienza e che certo non si possono determinare in maniera precipitosa nè tanto meno volontaristica".