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Gli aiuti ai profughi iracheni. Il cardinale Filoni nel Kurdistan: fate presto!

sabato 16 agosto 2014
​"Fate presto!". È l'appello alla comunità internazionale fatto dal cardinale Fernando Filoni, inviato personale del Papa in Iraq, che sta proseguendo la sua missione tra i rifugiati nel Kurdistan: "Vedo che la gente soffre e avrebbe bisogno di sentire anche una parola urgente da parte della Comunità internazionale in loro favore. Sono stati dimenticati un po' troppo a lungo"."Questa mattina a Duhok - ha detto il porporato intervistato da Radio Vaticana - ho incontrato il governatore di questa regione: abbiamo ampiamente parlato della situazione dei rifugiati e abbiamo anche appreso di quanto il governo locale stia facendo in favore dei vari gruppi. Da parte sua, naturalmente, c'è un impegno molto generoso, anche se certo la regione non ha i mezzi sufficienti per sopportare a lungo la situazione che si è venuta a creare: quasi si è raddoppiata la popolazione, rispetto a quella precedente. Dunque, anche lui chiede che aiuti giungano il più presto possibile, soprattutto riguardo ai generi di prima necessità".  Tra gli incontri, il card. Filoni ha avuto quelli con i rifugiati degli yazidi: "qui ho trovato una situazione molto, molto drammatica: non tanto dal punto di vista logistico, quanto da un punto di vista psicologico e morale. Ho visto soprattutto donne e tantissimi bambini e pochi anziani. Nel parlarmi questi anziani piangevano perché non vedono più futuro per la loro terra, la loro cultura, la loro tradizione e continuamente ci domandavano: Che male abbiamo fatto per essere uccisi?". Una situazione commovente, una situazione di grande sofferenza, credo condivisa da tutti. Il fatto che abbia assicurato che il Papa e la Chiesa cattolica li difende, che parla per loro e che loro abbiano voce attraverso di noi, li ha un po' rincuorati. E poi continuano a giungere ancora notizie di uccisioni: si parla di 100 uomini che sono stati uccisi, la notizia è arrivata questa mattina. Stiamo cercando di approfondirla meglio. Si parla di situazioni disperate in alcuni villaggi, perché  la gente non è riuscita a fuggire".Sugli interventi che si stanno organizzando nel mondo, le popolazioni "hanno ancora una percezione relativa. La raccomandazione che tutti ci fanno è: "Fate in fretta! Non lasciate morire la speranza!". Capiscono che quanto più passa il tempo, più in loro viene meno la speranza di ritornare a una vita dignitosa e normale. Loro dicono che bisogna fare una cintura internazionale di protezione attorno a questi villaggi e dicono: "Fate presto!". È chiaro che quindi c'è un livello immediato di intervento, ma c'è anche un livello in cui bisogna in tutti i modi e a tutti i costi  che le Nazioni Unite, l'Unione Europea non soltanto si preoccupino di questo, ma si preoccupino anche di creare condizioni fattibili per il ritorno alla vita normale".