«Sto bene»: queste le prime parole pronunciate alla stampa da padre Michael Sinnott, rapito 31 giorni fa sull’isola filippina di Mindanao e liberato ieri prima dell’alba. L’anziano missionario irlandese della società di San Colombano, da quarant’anni nelle Filippine, era stato sequestrato da un gruppo di uomini armati l’11 ottobre nella sua missione di Pagadian, nella provincia di Lanao del Norte. Una località non distante da quella del rapimento nel giugno 2007 di padre Giancarlo Bossi, protrattosi per quaranta giorni. Anche in questo caso, secondo le autorità, i responsabili sarebbero fuoriusciti del Fronte islamico di liberazione Moro, gruppo della guerriglia musulmana che da trent’anni fronteggia nelle Filippine meridionali le forze governative. Bande in parte collegate tra loro, anche da rapporti familiari dei loro capi, che solo formalmente mantengono l’impegno della lotta indipendentista e della difesa dell’identità islamica e che nei sequestri a scopo d’estorsione hanno trovato da tempo uno strumento per finanziare la loro latitanza. Lo stesso padre Sinnott, che ha 79 anni e quattro anni fa era stato operato al cuore, ha rassicurato sulle sue condizioni di salute, e sul trattamento ricevuto nonostante abbia parlato di una prigionia dura, vissuta perlopiù nella foresta, al riparo di un telo. Alle domande sull’identità dei rapitori, il missionario si è detto convinto che si tratti di elementi tribali locali intenzionati a chiedere un riscatto in denaro e non personaggi coinvolti nella guerriglia di stampo islamista.Dalla città di Zamboanga dove è stato portato dopo la liberazione e prima di partire in aereo per Manila, dove in mattinata ha incontrato la presidente Gloria Macapagal Arroyo, il missionario ha espresso la sua intenzione di tornare a Pagadian, se le condizioni e ovviamente le scelte dei suoi superiori glielo permetteranno.Le autorità militari hanno confermato che il sequestrato è stato loro consegnato da uomini del Fronte islamico di liberazione Moro, che lo avrebbero prelevato dai rapitori senza che sia stato pagato alcun riscatto. Un gesto che gli osservatori interpretano come un’apertura di credito verso il governo da parte di quello che è ora il maggiore movimento guerrigliero musulmano del paese, in vista dei colloqui di pace di cui è prevista a breve la ripresa. La situazione di conflitto nel Sud dell’arcipelago e le infiltrazioni qaediste tra le comunità islamiche sono al centro dei colloqui tra la presidente Arroyo e il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, arrivata ieri a Manila e che oggi proseguirà verso Singapore dove domani arriverà anche il presidente Obama per partecipare al Vertice Apec.