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L'intervista. La figlia di Sakharov: «Mio padre oggi starebbe con Kiev»

Marta Ottaviani mercoledì 29 maggio 2024

Tatiana Yankelevich, figlia del Premio Nobel per la Pace Andreij Sakharov,

Mio padre credeva nell’autodeterminazione dei popoli. Oggi sarebbe al fianco dell’Ucraina. E per la Russia avrebbe voluto qualcosa di molto diverso». Tatiana Yankelevich ha la forza e allo stesso tempo la fermezza di chi sa di essere dalla parte giusta della Storia. Suo padre, Andreij Sakharov, ha dedicato la prima parte della sua vita alla creazione della bomba all’idrogeno, la prima in Unione Sovietica, e la seconda a combattere e abbattere quel regime. Un impegno civile diventato un esempio per milioni di russi, dentro e fuori il Paese, che nel 1973 gli è valso il Premio Nobel per la Pace e nel 1988 l’istituzione, da parte del Parlamento Europeo, di un premio a lui dedicato e che viene dato a chi si batte per la libertà di pensiero.

Sakharov è morto nel 1989, mentre, membro della Commissione costituzionale del Congresso, lavorava a una nuova Costituzione per il suo Paese, l’Unione Sovietica si è dissolta nel 1991. Ma il mondo non è mai stato così in pericolo. Non lo hanno capito i russi, che si sono fatti affascinare dalla narrazione di Vladimir Putin. Ma non lo ha compreso nemmeno l’Occidente, che lo ha volutamente sottovalutato.

«Se l’Ucraina perde – spiega ad Avvenire Tatiana Yankelevich –, allora questo per Putin sarà il segnale che può andare avanti. Attaccherà la Moldova, cercherà di mettere in difficoltà anche la Romania e la Polonia, che però sono Paesi della Nato. Non sono nella sua testa, ma è chiaro che nella sua testa si è investito di un ruolo messianico, non tanto di ricreare l’Unione Sovietica, ma di ribaltare quella che lui ha più volte definito una “catastrofe geopolitica”, ossia la dissoluzione dell’Urss. Era tutto chiaro già dai tempi della Conferenza di Monaco, nel 2007».

Un Occidente, soprattutto un’Unione Europea che non ha voluto guardare in faccia l’evidenza e che adesso si trova a fare i conti con una minaccia che preme lungo i suoi confini e che non si fermerà. «C’è un termine in russo – spiega ancora Yankelevich –, è la parola zachistka. Non si può tradurre semplicemente come “distruggere”, quello sarebbe troppo poco. Significa pulire, eliminare dalle fondamenta. È quello che Putin vuole fare in Ucraina. Impedirglielo, fare in modo che l’Ucraina vinca la guerra significherebbe non solo salvare Kiev e l’Occidente, ma dare anche una possibilità alla Russia. La sua sconfitta in Ucraina è, al momento, l’unica cosa che potrebbe provocare una caduta di Putin. Ma, anche se questo dovesse succedere, per il mio Paese la strada sarà molto lunga. Mia madre, che è morta nel 2011, diceva spesso che la Russia stava diventando un Paese fascista, governato da ladri e banditi. In Unione Sovietica siamo stati governati con il terrore, sono morte milioni di persone, ma mai da banditi di questo genere».

Questa è la Russia più visibile, ma non è detto che sia la meno pericolosa. In tutti i Paesi occidentali, Mosca ha costituito una quinta colonna, un sistema di influenza che la porta a contare anche nelle organizzazioni internazionali. Un atteggiamento aggressivo, meno evidente di quello di una guerra convenzionale, ma forse ancora più pericoloso, proprio perché impalpabile e i cui danni non possono essere immediatamente quantificati. «La Russia andrebbe estromessa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Questa è una cosa sulla quale Tatiana Yankelevich non ha davvero dubbi. «Mosca interferisce stabilmente nella vita di molti Paesi democratici, in maniera diretta o indiretta. Pochi lo ricordano, ma fu la Russia a fare ottenere un posto all’Ucraina alle Nazioni Unite, in modo tale che, insieme con altri Paesi, votasse le sue risoluzioni. Quando Kiev si è ribellata, intraprendendo un suo cammino verso la piena democrazia, ha iniziato a destabilizzarla dal suo interno. Poi ha cercato di impoverirla militarmente ed economicamente. Infine, l’ha invasa».

A 35 anni dalla sua scomparsa e con il presidente Putin che minaccia un conflitto mondiale, rimane, potente, l’ultima lezione di Andreij Dmitrievich Sakharov. «Mio padre – conclude Tatiana Yankelevich – aveva studiato a fondo la Costituzione americana. Nella sua testa, tutti i soggetti federali russi avrebbero dovuto avere gli stessi diritti e lo stesso grado di autonomia, ognuno in grado di contribuire al budget federale e gestire il proprio in modo indipendente. Questo avrebbe posto le basi per costruire una Russia più democratica fin dalle fondamenta». Sakharov morì prima che la Costituzione fosse approvata. La storia, purtroppo, è andata diversamente.