Domenica alle urne. Elezioni in Spagna, Feijóo favorito nel duello con Sánchez
A rischio. Il premier spagnolo uscente Pedro Sánchez
La sfida è tra il premier uscente, il socialista Pedro Sánchez, e il leader popolare Alberto Núñez Feijóo. Ma il protagonista, più o meno occulto, della corsa di questa domenica è Santiago Abascal, numero uno di Vox. L’era del bipartitismo è finita, in realtà, in Spagna, nel secondo decennio degli anni Duemila con l’irruzione sulla scena politica della sinistra populista di Podemos e dei liberali di Ciudadanos. Quest’ultima formazione, però, è stata in pratica fagocitata da Pp e Vox. Non è andata meglio a Podemos che, per sopravvivere, è entrata nella galassia delle sinistre, riunite stavolta sotto la sigla di Sumar, guidato dalla combattiva ministra del Lavoro, Yolanda Díaz. Gli ultimi sondaggi la danno al 13 per cento, più o meno la stessa quota di Vox.
Gli occhi dei 37,5 milioni di cittadini chiamati alle urne e dell’opinione pubblica internazionale, però, tutti puntati su quest’ultimo. L’asse tra socialisti – a quota 28,7 per cento – e Sumar è scontato e con il sostegno intermittente dei partiti autonomisti il Psoe potrebbe riuscire a governare anche senza la maggioranza assoluta. Una sorta di replica dell’esecutivo attuale – il primo di coalizione dell’era democratica – il quale, a giudicare dai risultati economici e sociali, chiude l’amministrazione in attivo.
La Spagna ha la crescita più rilevante d’Europa, l’inflazione è sotto il 2 per cento, una serie di provvedimenti hanno consentito la regolarizzazione degli immigrati, nel 2023 l’economia nazionale dovrebbe crescere più rapidamente rispetto a Germania, Francia e Italia. Nella classifica dell’anno scorso dell’Economist dei trentaquattro Paesi più ricchi, la Spagna figura in quarta posizione. A livello internazionale, Sánchez è considerato il premier più influente dai tempi di Felipe González.
Certo, alcune leggi, come l’ulteriore flessibilizzazione dell’aborto, l’eutanasia o l’autodeterminazione di genere fino dai 14 anni che è stata contestata da gran parte del movimento femminista, hanno creato polarizzazioni all’interno della società. Non è stato tanto questo a causare la batosta alle municipali e regionali. Sconfitta che ha portato Sánchez a rilanciare, convocando le elezioni anticipate.
Il nodo centrale consiste nella relazione con i partiti autonomisti, inclusi quelli baschi, accusati di legami passati con l’ormai sciolta Eta. Il premier socialista è arrivato al governo dopo il trauma catalano, ovvero l’intento di secessione di Barcellona, affrontato con il pugno di ferro – vedi le pensanti condanne ai leader separatisti – dall’esecutivo popolare allora in carica. Sánchez ha cercato di ricucire lo strappo, ordinando la scarcerazione di nove dei condannati e riformando l’obsoleta legge sulla sedizione.
Il sostegno all’indipendentismo è calato ma i popolari e Vox hanno utilizzato la “tolleranza” con i nemici della Spagna unita per attaccarlo. Per il resto, retorica a parte, il favorito Núñez Feijóo – con il 32,9 per cento delle preferenze – propone una politica della destra moderata classica: riduzione delle tasse per le persone fisiche, migliorare l’accesso alla casa per i giovani, maggiori servizi per le aree rurali e l’educazione infantile fino a tre anni universale e gratuita.
È improbabile, tuttavia, che il candidato popolare riesca ad ottenere la maggioranza assoluta di 176 seggi. In quel caso, l’unico alleato possibile sarebbe Vox. Anche ieri Feijóo ha detto di voler governare da solo. Anzi, ha tuonato: «Non condivido la sua visione sulle autonomie, sul cambiamento climatico, sulla violenza sessista». In effetti, il negazionismo in materia di riscaldamento globale, il veemente anti-femminismo e la proposta di un blocco navale contro gli immigrati creano imbarazzo anche all’interno del Pp. Feijóo, però, potrebbe non avere altra scelta per non dare la Moncloa di nuovo a Sánchez, il quale, tra l’altro, spera ancora nella rimonta dell’ultimo minuto, «per non tornare al passato». Per la prima volta dalla fine del franchismo, un partito che ne rivendica l’eredità ha reali chance di andare al governo.