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Gaza. «Aiuti fermi per gli assalti delle gang: Israele garantisca l'ordine pubblico»

Lucia Capuzzi, inviata a Gerusalemme venerdì 25 ottobre 2024

Una folla si ammassa davanti a una panetteria a Khan Yunis

«Fra l’8 e il 10 ottobre, 136,5 tonnellate di mangimi per i pochi animali rimasti hanno attraversato il valico di Kerem Shalom. Ma sono fermi nell’area di sosta in attesa che i trasportatori possano prelevare la merce e portarla al punto di distribuzione. Finora non sono riusciti a farlo perché non ci sono le condizioni di sicurezza». I combattimenti, ripresi con forza nel nord, non sono l’unico ostacolo che ostruisce il flusso di aiuti umanitari a Gaza. Nelle ultime settimane è cresciuto in modo esponenziale il fenomeno degli assalti ai convogli per rubare i soccorsi. A parlare è Ciro Fiorillo, capo dell’ufficio Fao di Gerusalemme. Fin dall’inizio della guerra, l’accesso dei soccorsi alla Striscia blindata è stato irregolare, a causa di restrizioni e cambiamento delle vie di accesso a seguito del procedere delle ostilità. Gruppi di persone disperate e allo stremo, di tanto in tanto, prendevano d’assalto i camion delle varie organizzazioni umanitarie per assicurarsi i generi di prima necessità. Pian piano, però, con il protrarsi del conflitto e il collasso dell’ordine pubblico, il saccheggio è diventato il modus operandi di gang criminali, sempre più strutturate. Molti gruppi – legati ai clan locali - esistevano prima del conflitto. La polizia di Hamas, però, faceva in qualche modo da argine. Gli agenti, tuttavia, non ci sono più: dall’inizio dell’offensiva, sono diventati sistematico bersaglio dei militari israeliani decisi a eliminare gli apparati di sicurezza dei miliziani.
«Sono un economista di formazione. Come insegnano le regole di base di funzionamento dei mercati, quando c’è scarsità, i prezzi aumentano. L’incentivo ad appropriarsene, dunque, cresce. Per quasi un anno, siamo riusciti a mantenere le perdite al 4 per cento. Da ottobre, però, gli attacchi ai convogli si sono fatti sempre più frequenti e violenti. In queste condizioni, è sempre più difficile lavorare. È l’occupante, dunque l’esercito israeliano, a dover garantire le condizioni di sicurezza affinché gli aiuti raggiungano le persone bisognose. Altrettanto efficace per ridurre l’incentivo al saccheggio sarebbe la liberalizzazione dell’importazione commerciale dei beni di prima necessità. Al contrario, dopo l’aumento di maggio, dall’inizio del mese, queste ultime sono quasi del tutto ferme". Nell’inerzia, più o meno intenzionale di Tel Aviv, la “deriva irachena” della Striscia preoccupa tanti. Perfino la Casa Bianca è intervenuta sulla questione, denunciando il “congestionamento” di mezzi in sosta al valico di Kerem Shalom a cui la minaccia delle gang impedisce di andare oltre. Nel frattempo, la popolazione fa i conti con il rischio di carestia imminente. Gli ultimi dati, pubblicati la settimana scorsa dalla Ipc Global initiative – che riunisce sedici Agenzie Onu e Ong –, indicano che l’86 per cento dei gazawi soffrono di insicurezza alimentare acuta, classificata da critica a catastrofica. Nei prossimi mesi, con l’intensificarsi dei combattimenti, si prevede un ulteriore peggioramento dello scenario. «Oltretutto la guerra ha sistematicamente demolito i mezzi di sussistenza della popolazione, lasciandola dipendente dagli aiuti. Parlo dell’agricoltura, in particolare, l’unico settore che, prima della guerra, garantiva vendite all’esterno e la disponibilità di un’offerta diversificata di prodotti freschi deperibili ma dall’alto contenuto nutrizionale. Secondo le nostre stime, ora, quasi il 68 per cento dei campi è distrutto. La gran parte degli animali – il 96 per cento delle mucche e il 99 per cento del pollame - è morta – conclude il capo dell’ufficio Fao di Gerusalemme –. Stiamo disperatamente cercando di salvare i superstiti. Ancora ci sono circa il 40 per cento di pecore e capre, oltre a poco della metà degli animali da lavoro, asini e cavalli, fondamentali per il trasporto data la scarsità di combustibile. I nostri donatori (tra cui Italia, Norvegia e Belgio) hanno già stanziato 13,5 milioni di dollari per acquistare mangimi, kit veterinari, vaccini e input agricoli. Israele deve, però, garantirci le condizioni di sicurezza per farli arrivare ai contadini e agli allevatori di Gaza. Ripristinare la produzione e la sicurezza alimentare è indispensabile per evitare la carestia, garantire la nutrizione dei bimbi e contribuire a ristabilire condizioni di vita dignitose per costruire una prospettiva di pace»