La svolta. Fermata dai giudici in Portogallo la legge express sull’eutanasia
Il presidente portoghese, Marcelo Rebelo de Sousa
A pochi giorni dall’approvazione definitiva della legge sull’eutanasia al Congresso dei deputati in Spagna, la Corte costituzionale in Portogallo ha cassato la normativa che depenalizza la morte medicalmente assistita. Con l’argomentazione che impiega concetti «eccessivamente indeterminati» nella definizione dei requisiti di accesso all’eutanasia. Ha accolto così parzialmente le riserve espresse dal presidente della Repubblica, il conservatore Marcelo Rebelo de Sousa, che aveva rimesso la legge, approvata lo scorso 29 gennaio dal Parlamento, alla verifica di conformità costituzionale, facendo uso della prerogativa di veto del capo dello Sato.
La normativa, al primo paragrafo dell’articolo 2, considera non sanzionabile l’anticipazione della morte medicalmente assistita nei casi in cui la decisione sia «del proprio individuo, maggiorenne, la cui volontà sia attuale e reiterata, grave e libera», che si trovi «in una situazione di sofferenza insopportabile, con lesione definitiva di estrema gravità in accordo con il consenso scientifico o di malattia incurabile e fatale», e quando sia »praticata o aiutata da professionisti della sanità».
Nella richiesta, inviata al Tribunale il 23 febbraio, Rebelo de Sousa sollevava dubbi sull’ambiguità della regolazione operata dal legislatore, poiché «consente un’interpretazione in base alla quale la mera lesione permanente di estrema gravità potrebbe portare alla possibilità di morte medicalmente assistita». E di termini quali «sofferenza estrema o intollerabile», senza specificare se questa «debba derivare da tali lesioni o malattie». Questioni, peraltro, già evidenziate nel parere negativo dato alla normativa dal Consiglio nazionale di etica. Sono concetti «imprecisi» anche per l’Alta Corte, che ha tuttavia lasciato aperte le porte perché il Parlamento riproponga la legge, se saranno corrette le clausole incostituzionali. È stato il presidente Joáo Pedro Caupers, a comunicare il voto contrario di 7 dei 12 giudici togati, che reclamano «norme chiare, precise, anticipabili e controllabili». Allo stesso tempo Caupers ha segnalato che l’eutanasia in sé non è incostituzionale, perché «il diritto alla vita non si può trasfigurare in un dovere di vivere in qualunque circostanza». Anche per il Tribunale costituzionale l’espressione «lesione definitiva di estrema gravità non consente di delimitare con indispensabile rigore le situazioni in cui si può sollecitare l’eutanasia». Si accetta, invece, che la «sofferenza estrema» possa essere definita da un medico. Oltre alla volontà espressa dalla persona e avallata dai pareri medici, la normativa stabilisce che la decisione finale sia valutata da un comitato di esperti e che l’aiuto a morire sia una prestazione esclusiva del sistema sanitario nazionale. Dopo un anno di aspro dibattito, un iter express – oltre al fermo “no” della Federazione per la vita, che con la Conferenza episcopale portoghese aveva raccolto 92mila firme a favore di un referendum –, il testo tornerà ora in Parlamento. Era stato approvato dalla maggioranza delle forze di sinistra e con l’opposizione dei partiti di centro-destra, assieme a quello comunista.
Isabel Moreira, deputata socialista relatrice del testo finale della legge, ha segnalato la disponibilità del Ps a «una nuova redazione che tenga conto delle riserve espresse dalla Corte costituzionale».
La stessa posizione è stata espressa dal portavoce del Bloco de Esquerda, per il quale la decisione dei magistrati togati «non comporta nulla che non si possa risolvere».