La guerra dimenticata. Etiopia, stupri usati come armi
Filogovernativi ad Addis Abeba per difendere il premier Abiy dalle accuse Usa sul Tigrai
La violenza bestiale e l’odio che stanno colpendo donne e bambine nel Tigrai non hanno risparmiato neppure cinque suore cattoliche tigrine. Le religiose, che vivevano nel nord ovest della regione devastata da un violentissimo conflitto ormai da sette mesi, sono state prima rapite e poi violentate da militari tra aprile e maggio. Lo stupro delle consacrate è stato denunciato alla fondazione pontificia «Aiuto alla chiesa che soffre» da una fonte religiosa ed è stato confermato ad Avvenire da fonti umanitarie che hanno portato le suore in ospedale per le cure. Le stesse fonti umanitarie denunciano di aver curato bambine di 8 anni stuprate in modo tanto brutale da aver riportato danni permanenti e invalidanti.
Non accennano dunque a fermarsi le atrocità sulla popolazione nella semiautonoma regione etiope teatro di combattimenti dallo scorso 4 novembre tra le forze del deposto Tplf, Fronte popolare di liberazione tigrino (che governò l’Etiopia con il pugno di ferro dal 1991 al 2018 per poi rompere con il premier) e le forze armate federali alleate a quelle eritree, la cui presenza in Etiopia è stata prima negata e poi ammessa dal premier etiope Aby Ahmed solo a fine marzo. Ed è proprio la soldataglia schierata in Tigrai dal regime di Issaias Afewerki a venire accusata dello stupro delle religiose, oltre che di atrocità come l’uso della violenza sessuale di gruppo sulle civili come arma di guerra, in spregio alle convenzioni internazionali. Nessuno ha mai visto brutalità simili in questa terra spesso in conflitto. Non sono state risparmiate anziane e minori, mentre le donne sposate e le giovani spesso sono state abusate davanti a mariti, figli e parenti, come denunciato da diverse agenzie Onu e da Ong sanitarie operanti sul campo.
Un documento dell’Ayder Referral hospital di Macallé, riportato dall’Ong belga Eepa, riferisce che tra novembre e maggio ci sono stati 503 casi di donne, tra cui 91 minorenni, curate dopo stupri di gruppo perpetrati perlopiù da federali e truppe eritree. Una vittima aveva 5 anni. Si calcola che tre donne su quattro abusate non vadano in ospedale perché lo stupro nella società tigrina equivale all’emarginazione. “Aiuto alla Chiesa che Soffre” riferisce di continui massacri di civili. L’ultimo eccidio è stato rivelato dal quotidiano britannico Guardiane risale a tre settimane fa. I militari provenienti sempre dalla vicina Eritrea hanno ucciso 19 persone, soprattutto donne e adolescenti, in un villaggio noto per la chiesa scavata nella roccia nel V secolo, Abuna Yemata. Continuano anche le uccisioni di operatori umanitari.
Venerdì scorso Negasi Kidane, operatore etiope dell’Ong italiana Cisp (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli) si è trovato casualmente coinvolto in uno scontro a fuoco ed è stato ucciso ad Adigrat da un proiettile vagante. La situazione umanitaria peggiora nettamente. Il quadro disegnato dal Programma alimentare mondiale dell’Onu è molto peggiore di quello dato dal Palazzo di Vetro la settimana scorsa: il 91% della popolazione della regione, in tutto 5,2 milioni di persone, ha bisogno di cibo di emergenza. Finora l’agenzia Onu ha distribuito aiuti a un milione di persone.
«Confermo la situazione, peggiore a causa degli almeno due milioni di sfollati rispetto alla carestia provocata nella regione 40 anni fa dal Derg», afferma il geografo belga dell’università di Ghent Jan Nyssen, che insieme ad altri studiosi è promotore della campagna «Scientists for peace» per il cessate il fuoco. Cauto nell’uso del termine «genocidio», Nyssen, che conosce bene la regione, conferma l’emergenza. «Prima la distruzione degli ospedali e dei raccolti al momento della mietitura, poi gli ostacoli alla distribuzione degli aiuti che arrivano nella regione già in ritardo e sulla cui distribuzione nessuno ha il controllo perché effettuata dai militari fanno temere il peggio. Quanto agli stupri, sono stati ordinati dall’alto. Lo stesso Abiy ha dato in qualche modo disco verde dichiarando in Parlamento a marzo che le tigrine venivano «solo penetrate dai soldati», i quali venivano invece uccisi a coltellate. Una vendetta legittima, insomma. Due anni fa aveva dichiarato che non esiste la nazione tigrina, perché i tigrini discendono da guerrieri Amhara e Oromo». Addis Abeba continua a rifiutare le proposte americane di negoziato, viste come ingerenze in affari interni. Gli Usa sono stati contestati da sostenitori di Abiy in diverse manifestazioni. Washington ha chiesto ieri ancora il cessate il fuoco, con Francia, Germania, Australia e Regno Unito. Ma non dall’Italia.