Il caso. Franco, il dittatore che divide la Spagna anche da morto
Il complesso monumentale del Valle de los caidos, Ansa
Il protagonista ufficiale è Francisco Franco. Quello reale, però, è Pedro Sánchez. Dopo mesi di minuziosa preparazione, il giovane e rampante premier socialista cala oggi l’asso nella manica. Grazie al quale il suo governo di minoranza, subentrato quasi per caso al precedente del popolare Mariano Rajoy, potrebbe riuscire dove gli altri leader progressisti hanno fallito. Incluso José Luis Rodríguez Zapatero, che aveva fatto del riscatto della “memoria dei vinti” della Guerra civile una delle sue principali armi retoriche. Ora Sánchez vuole spingersi oltre, “sloggiando” il feretro dell’ex dittatore dal Valle de los caídos, il mausoleo alle porte di Madrid, fatto costruire dallo stesso regime accanto alla reggia di El Escorial. Là è stato collocato il “generalissimo” a tre giorni dalla morte, il 23 novembre 1975, dopo trentasei anni di potere ininterrotto. La tomba, davanti all’altare della basilica benedettina di Santa Cruz, è “sopravvissuta”, non senza polemiche, alla fine del regime, alla Transizione e a oltre quattro decenni di democrazia. Questa mattina, però, il Consiglio dei ministri – come anticipato dall’ordine del giorno – approverà il decreto legge per il suo trasferimento in luogo da destinarsi. Il percorso dalla carta alla realtà si profila, comunque, ancora lungo. Per prima cosa, il testo deve essere ratificato dal Parlamento, alla riapertura dei lavori, a settembre. L’esecutivo può contare sui voti di Podemos e di buona parte dei partiti nazionalisti. Ma soprattutto sul fatto che nessuna formazione si batterà apertamente per difendere il dittatore. Di certo non lo farà Ciudadanos: la formazione di centro-destra ha anticipato la propria astensione. Il mancato consenso non si deve, però, a una difformità sul contenuto. Bensì sulla formula scelta per portare avanti l’esumazione: il decreto legge, appunto, una misura – ha sottolineato il segretario Albert Rivera – riservata a questioni urgenti. In ogni caso, l’astensione di Ciudadanos non pregiudicherà l’approvazione del provvedimento, per cui è sufficiente la maggioranza semplice. Il Partito popolare (Pp) non si è ancora pronunciato tra il no e l’astensione. In ogni caso, il suo sarà più un atto simbolico che una reale opposizione, però. Non a caso, il neo-segretario Pablo Casado ha detto chiaramente che non si schiererà mai con Franco.
I nipoti insorgono
È la famiglia di quest’ultimo – nonché l’omonima Fondazione – il vero ostacolo per l’esecutivo. I sette nipoti del defunto “caudillo” hanno annunciato una lunga battaglia giudiziaria per far rimanere il feretro al Valle de los caídos. Per difendersi da tale eventualità, il decreto odierno andrà a modificare alcuni punti della normativa sulla memoria storica, passata nel 2007. Se l’ordine del trasferimento avrà rango di legge, i privati non potranno ricorrere. E se lo faranno, le loro istanze dovrebbero essere facilmente rigettate. L’unica a potersi opporre è la Chiesa: la tomba si trova nell’abbazia adiacente al Valle, un luogo inviolabile in base all’accordo con la Santa Sede del 1979. La Conferenza episcopale spagnola e l’arcidiocesi di Madrid, però, hanno già detto che la questione compete al governo e ai familiari. Non si prevede, dunque, alcun ricorso. Tribunali a parte, però, l’eventuale rimozione si prospetta tutt’altro che pacifica. Almeno a giudicare dal rovente dibattito sui media nazionali da quando Sánchez ha ri-tirato fuori la questione, il 7 giugno. Mentre il Valle ha visto schizzare verso l’alto il flusso di visitatori, tra curiosi e nostalgici. Segno che i conti con la tragedia della Guerra civile e il successivo regime non sono chiusi.