Verso il voto europeo. Estonia, l'Ue è il posto al sole. E il boom viaggia su Internet
Le due fortezze si fissano contrapposte. Da una parte Ivangorod, avamposto russo verso l’Occidente, innalzato da Ivan il Grande; dall’altra Narva, ultima propaggine europea ad est, edificata già nel XIII secolo a difesa dei possedimenti danesi. In mezzo il fiume, placido e sonnacchioso, che marca il confine fra i due continenti. Le unisce il ponte che ai tempi di Stalin fu battezzato «dell’amicizia». Ora è la frontiera supermilitarizzata fra l’Unione Europea e la federazione di Mosca, l’Estonia e la regione di San Pietroburgo.
Per capire cos’è l’Europa, per comprendere come un popolo fiero della propria indipendenza, quello estone, si senta così parte dell’Occidente, bisogna venire a Narva, il punto più ad est delle repubbliche baltiche, 150 chilometri appena da San Pietroburgo. Narva è ciò che l’Estonia è stata per cinquant’anni di occupazione sovietica, e ciò che non vuole più essere. Grandi casermoni in stile socialismo reale, una popolazione al 98% russofona, trasferita a forza ai tempi di Stalin per alterare le proporzioni etniche e linguistiche, il ghigno feroce di una gigantesca statua di Lenin, l’unica forse rimasta in piedi in Europa, che ancora sbuca fuori da un angolo seminascosto dalle baracche. L’opposto di ciò che l’Estonia è, e sempre più vuole essere: un Paese libero.
Lo si capisce man mano che si procede verso la città, con il moltiplicarsi dei carri armati della Nato e le colonne dei soldati tedeschi, polacchi, francesi, inglesi, in continua esercitazione, mobilitati a migliaia a difesa della libertà delle repubbliche baltiche e della sicurezza occidentale. «L’Europa è la nostra garanzia», spiega Philippe Jourdan, amministratore apostolico di Tallinn, a capo di una comunità cattolica che conta appena 7-8mila anime in tutto, in un Paese che per l’80% non professa alcuna religione. «Il ricordo del passato e della dittatura comunista è ancora molto forte. Abbiamo visto cosa ha fatto la Russia di Putin in Ucraina e in Georgia. La minaccia assillante di Mosca la sentiamo. Essere parte dell’Unione Europea e della Nato è molto importante per noi, per la nostra sicurezza e per il benessere economico».
L’Estonia, con un’economia in piena espansione, totalmente digitalizzata, paradiso delle start up e dell’innovazione, è infatti uno dei Paesi più piccoli fra i ventotto dell’Ue. Conta soltanto un milione e 300mila abitanti. E porta sulle sue spalle il peso di secoli di occupazioni, danesi tedesche svedesi, ma soprattutto quella russa, fin dai tempi di Pietro il Grande, all’inizio del ’700, e quella spietata del ventesimo secolo, con le deportazioni dello stalinismo e la collettivizzazione forzata. Da sola la piccola Repubblica del Baltico non sarebbe in grado di difendersi. Né di fronteggiare le continue minacce militari ai confini da parte di Putin e le sofisticate manipolazioni mediatiche e propagandistiche portate avanti usando la popolazione russa che vive sul territorio estone, un quarto del totale degli abitanti.
«La sicurezza è al primo posto fra i temi della campagna elettorale per le europee di domenica 26 maggio», spiega Evelyn Kaldoja, giornalista del quotidiano di Tallinn Postimees. «Il popolo estone è fra i più convinti europeisti. L’appartenenza alla Ue è sentita come fondamentale per il nostro futuro». Del resto non è stata messa in discussione nemmeno dopo i risultati delle elezioni del marzo scorso, che hanno registrato un’affermazione rilevante del partito conservatore Ekre, moderatamente euroscettico, entrato a far parte della coalizione a tre del nuovo governo guidato da Jüri Ratas, del partito di Centro. «L’88% degli estoni ritiene che il nostro Paese ottenga grandi vantaggi dall’essere membro della Ue», ha dichiarato il primo ministro Ratas. «Vantaggi in termini di opportunità del mercato unico, di libero movimento di persone e merci, di sviluppo e crescita economica, di pace libertà e cooperazione fra i paesi membri. La nostra economia è cresciuta di due volte e mezzo grazie all’Europa, i salari medi sono triplicati. Abbiamo avuto la possibilità di sviluppare una società digitale, che attrae investimenti e rende assai più facile fare impresa».
Da quando ha aderito all’Unione Europea, nel 2004, l’Estonia ha ricevuto ad oggi da Bruxelles 10,4 miliardi di euro in investimenti del fondo di coesione, a cui si aggiunge un altro miliardo e 300 milioni di euro previsti dal piano Juncker. Le grandi arterie stradali, completamente rifatte e allargate, vedono ovunque cartelli con la bandiera a dodici stelle e la scritta: realizzata grazie agli aiuti europei. Musei, scuole, opere pubbliche hanno usufruito di enormi finanziamenti, cambiando da cima a fondo il volto della piccola repubblica baltica, che nel 1991 sfidò Mosca dichiarando la propria indipendenza. I centri storici delle città, a cominciare da Tallinn e Pärnu, hanno riconquistato una bellezza scintillante, grazie ai contributi europei per le ristrutturazioni. «Io ho acquistato casa in centro a Tallinn usufruendo di finanziamenti europei e comunali», racconta Joonas Püüa, 28 anni, sposato e in attesa fra pochi mesi di un bambino. «Occorre rilevare un edificio vecchio e disabitato, impegnandosi a ristrutturarlo e ad abitarvi per ottenere gli incentivi. Così abbiamo messo su famiglia e dato una mano a fare bella la città».
Tecnologia, rivoluzione digitale, sostegno europeo. È così che l’Estonia è diventata in pochi anni un’economia dinamica e fra i paesi Ue più avanzati in innovazione e Ict. Qui tutto è ormai digitalizzato, dalle elezioni europee della settimana prossima, dove si potrà votare online; all’utilizzo di buona parte dei servizi pubblici con una carta elettronica; all’ottenimento della residenza digitale anche dall’estero. Con pochi clic e una manciata di euro si può aprire dall’Italia una società e un’attività economica a Tallinn, divenendo e-resident. E con la carta d’identità online estone si accede all’intero servizio bancario dell’eurozona.
Non a caso da queste parti sono nati colossi globali come Skype e TransferWise, e il nuovo astro nascente che punta a fare concorrenza a Uber è il servizio Taxify, deciso a diventare leader in Europa. Nella classifica del World Economic Forum sull’imprenditorialità l’Estonia risulta prima al mondo. Al primo posto è anche per libertà di Internet e per numero di startup pro capite. Al quindicesimo posto per libertà economica, quando l’Italia arriva a malapena all’ottantesimo posto.
«Gli estoni sono riusciti a utilizzare al meglio i fondi Ue», aggiunge il vescovo Philippe Jourdan. «Meglio anche di Lettonia e Lituania. Da noi la disoccupazione è al 5%, e abbiamo un buon tasso di natalità (!,7), più degli altri Paesi del Nord».
Prossimo obiettivo da raggiungere per gli estoni sarà il rafforzamento del collegamento con la Scandinavia, in particolar modo con Helsinki e la Finlandia, con cui da sempre esiste uno speciale legame e una comune radice linguistico-culturale. E la costruzione della Rail Baltica, la linea ferroviaria ad alta velocità che unisca strettamente Tallinn e le repubbliche baltiche alla Germania e all’Europa centrale. Un progetto da oltre sei miliardi di euro.