A oltre due decenni dalla fine dell’apartheid, e davanti a una devastante crisi economica, il Parlamento sudafricano ha approvato una riforma che rischia di far riemergere tensioni sociali e interrazziali. L’African national congress (Anc), il partito che fu di Nelson Mandela e che domina dal 1994, ha infatti detto sì a una legge che consentirà l’espropriazione delle terre da parte dello Stato allo scopo di riequilibrare le disparità razziali. L’obiettivo saranno i possedimenti dei bianchi, da ridistribuire alla maggioranza nera. «L’approvazione di questa legge è un passo storico che inaugura un nuova era, portando giustizia alla maggioranza dei sudafricani nullatenenti», ha esultato l’Anc. Ma c’è anche chi ha visto nell’accelerazione parlamentare un salvagente per il presidente Jacob Zuma (leader dello stesso Anc), per il quale nelle scorse settimane l’Alta Corte ha chiesto il rinvio a giudizio per corruzione. La popolarità di Zuma, insomma, potrebbe beneficiare di una legge ben vista tra i più poveri. Vero è che i tre quarti delle terra sono ancora sotto il controllo dei bianchi, che costituiscono appena il 10% degli oltre 47 milioni di sudafricani. In particolare, i bianchi oggi detengono circa il 90% delle terre già nelle loro mani ai tempi dell’apartheid, quota che l’Anc vorrebbe ridurre al 70%. Nel frattempo, in questi due decenni, la disoccupazione è passata dal 13 al 25% e la diseguaglianza è aumentata: i neri guadagnano appena il 16% rispetto al reddito dei bianchi e il 62% di loro vive in povertà. Certo ci sono più milionari neri oggi rispetto al passato (se ne contano 7.800), ma si tratta di eccezioni, di una nuova élite che a Città del Capo se ne sta rintanata vicino al Waterfront o a Green Point, quartieri che poco avrebbero da invidiare all’Occidente. Ecco perché, rispetto alle promesse del passato, c’è chi parla di fiducia tradita, di interessi mai toccati. Era questo il Sudafrica sognato da Mandela? La riforma prevede che sia un arbitro di nomina governativa a effettuare valutazioni «eque » dei terreni. Molte aziende agricole, peraltro, stanno soffrendo per la peggiore siccità mai verificatasi nel Paese. Secondo i critici, la legge rischia solo di colpire investimenti e produzione. Il caso dello Zimbabwe, i cui raccolti sono crollati dopo la riforma agraria con cui vennero espropriate le terre ai bianchi, è emblematico. Ad Harare gli espropri furono accompagnati anche da violenze, a Pretoria gli analisti sostengono che i rischi in tal senso siano minori, ma la terra resta per il Sudafrica di oggi una questione altamente “sensibile”.