Ankara. Erdogan, le frontiere aperte e il «gioco sporco» contro l'Europa
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan gonfia il petto e, se da una parte non arretra di un millimetro e continua a colpire le truppe di Assad nella zona di Idlib, nel nord della Siria, dall’altra si prepara ad affrontare sia il colloquio con l’omologo russo, Vladimir Putin, sia l’Unione Europea, sempre più preoccupata per le migliaia di migranti ammassate lungo la frontiera con la Grecia. Contro Bruxelles, il capo di Stato sembra particolarmente combattivo e, dalle minacce, è passato direttamente agli ordini.
«Pensavamo che stessimo bluffando – ha spiegato ieri mattina Erdogan davanti al gruppo parlamentare del suo partito Akp, con un atteggiamento particolarmente tronfio –, ma quando abbiamo aperto la frontiera, sono iniziate ad arrivare le telefonate. Il numero di migranti in viaggio da quando abbiamo aperto le porte è di centinaia di migliaia, presto saranno a milioni. Ho detto loro: ormai è fatta, dovete prendervi la vostra parte del fardello».
Dove per “fardello” si intendono gli oltre tre milioni di rifugiati siriani, fuggiti da una guerra che la Turchia sta continuando ad alimentare. La reazione di Bruxelles non si è fatta attendere, anche se, per il momento, sono solo parole. La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha fatto appello perché la Mezzaluna rispetti impegni assunti con l’Accordo sui migranti del 2016. «Riconosco che la Turchia è in una situazione difficile riguardo ai rifugiati e ai migranti – ha spiegato von der Leyen –, ma quanto vediamo ora non può essere una risposta o una soluzione».
Molto più secca la reazione della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, che ha definito «inaccettabile » la condotta di Erdogan, accusandolo di aver costretto i rifugiati ad andare in un vicolo cieco. Oggi von der Leyen si recherà in Grecia, accompagnata dal presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli e da quello del Consiglio Europeo, Charles Michel. Incontreranno prima il premier, Kyriakos Mitsotakis, e successivamente andranno su quel confine dove sono assiepati in oltre 10mila, nella speranza di poter entrare in Unione Europea. Atene è la prima a essere preoccupata per come si sta mettendo la situazione. Il leader ellenico ha chiesto che venga convocata in modo urgente una riunione dei ministri dell’Interno e ha sospeso per un mese le domande di asilo per impedire l’ingresso di nuovi migranti provenienti dalla Turchia. Tutto questo mentre un tribunale greco ha condannato i primi migranti fermati per aver attraversato illegalmente il confine a quattro anni di carcere. I prossimi giorni saranno particolarmente intensi.
Dopodomani Erdogan incontrerà Putin, ma prima dovrà parlare con gli inviati di Donald Trump, James Jeffrey e l’ambasciatrice Usa all’Onu, Kelly Craft, che si recheranno ad Ankara proprio per discutere della situazione a Idlib. Da quando settimana scorsa 34 soldati turchi sono morti a causa di un bombardamento dell’esercito lealista, la rappresaglia della Mezzaluna non si è mai fermata. Il ministro della Difesa, Hulusi Hakar, ha dichiarato che fino a questo momento le armate di Ankara hanno neutralizzato 2.557 militari nemici, nonché numeroso materiale bellico di Damasco, fra cui 8 elicotteri, 103 carri armati, 78 lanciarazzi e 3 postazioni anti aeree. Una potenza smentita dal governo di Assad, che ha chiuso lo spazio aereo e annunciato di avere abbattuto sei droni turchi. Recep Tayyip Erdogan mostra determinazione e ottimismo, sperando che a Idlib si arrivi a una tregua in modo rapido.
Tutto dipende dall’esito del colloquio con Putin. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha spiegato che la cooperazione con la Turchia rimane «di grande importanza». Fino a che punto, lo si capirà davvero solo dopodomani.