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SCIENZA. Spermatozoi e ovociti da embrioni E gli Usa aprono alla vita artificiale

Alessandra Turchetti venerdì 30 ottobre 2009
Una cura finalmente efficace contro la sterilità o una nuova, preoccupante deriva verso la vita artificiale, con tutte le riserve etiche doverose in questi casi? I dubbi sono legittimi di fronte alla novità che rimbalza dagli Stati Uniti. Appena pubblicata sulla rivista Nature, arriva la notizia che da cellule staminali embrionali umane sono state ottenute in laboratorio cellule germinali, progenitrici dei gameti maschili e femminili, ossia spermatozoi e ovociti. La ricerca, che muove dalle staminali embrionali, nasce già con una pesantissima ipoteca morale perché, come più volte ribadito, la vita è valore indisponibile dal concepimento alla morte naturale. E l’embrione da cui sono state prelevate le cellule per la ricerca – sopprimendolo di fatto –  è a tutti gli effetti una vita di cui nessuno ha il diritto di disporre. Ma l’equipe della Stanford University School of Medicine, diretta da Renee Reijo Pera, non si è fermata di fronte a questa evidenza biologica e umana. Ha infatti trattato le staminali embrionali con proteine note per stimolare la formazione germinale e nelle cellule così ottenute, circa il 5% del totale, sono stati studiati vari geni implicati nel loro sviluppo. La ricerca avrebbe contribuito a chiarire il meccanismo di differenziazione delle cellule riproduttive nell’uomo, finora studiato solo nei topi, ma con dei grossi limiti dovuti alla differenza dei geni coinvolti. Fra i geni attivati e spenti per delucidare il loro ruolo nel processo, ne sono stati evidenziati tre, "Dazl" che agisce nelle fasi iniziali, "Daz1" e "Boule" in quelle finali. Fino ad ora, l’inaccessibilità delle cellule riproduttive durante lo sviluppo fetale, aveva reso impossibile chiarirne i meccanismi di sviluppo. Secondo gli autori della ricerca, la possibilità dimostrata di ottenere in laboratorio cellule uovo e spermatozoi a partire da staminali embrionali aprirebbe nuovi orizzonti per la cura dell’infertilità, dovuta nel 50% dei casi all’incapacità di produrre gameti. «Riuscire a ricostruire le tappe della formazione delle cellule germinali potrebbe aprire la strada alla comprensione di molti casi di sterilità», ha affermato Reijo Pera. «Si potrebbe per esempio ipotizzare varie soluzioni, ad esempio il riottenimento di gameti su misura per ogni paziente». La fertilità di un individuo si manifesta solo nell’età adulta ma determinanti sono gli errori che si verificano durante lo sviluppo embrionale nella produzione delle cellule progenitrici dei gameti. «Il nostro lavoro è la prima prova che si possono creare in laboratorio cellule germinali umane funzionanti», ha sottolineato ancora il direttore della ricerca che già nello scorso decennio aveva identificato diversi geni coinvolti nella formazione degli spermatozoi, fra i quali alcuni appartenenti alla cosiddetta famiglia dei geni "Daz". «Definire la "ricetta" genetica necessaria a sviluppare cellule germinali in laboratorio – ha concluso il genetista americano – servirà per capire cosa non va in chi è affetto da problemi di sterilità». Sarà, ma rimane il pesantissimo interrogativo legato agli altri possibili utilizzi di queste cellule. Come tutti da chiarire sono anche i tempi necessari per arrivare concretamente ai risultati illustrati con grande evidenza dalla Stanford University School of Medicine. Ancora una volta il dubbio è che, come più volte verificatosi con staminali e dintorni, siamo per il momento di fronte soltanto a un clamoroso effetto-annuncio.