Obama ad esame: mentre si avvicina la data per le elezioni americane di "midterm" ddel 4 novembre, il voto si profila sempre più come un giudizio sul presidente Usa. Il Senato è in bilico estremo. Un sondaggio del Pew Research Center, condotto tra il 15 e il 20 ottobre, rivela che il 52% degli elettori americani vede questo voto come un sì o un no alle politiche di Obama.Wall Street ha scelto. Le grandi
aziende hanno deciso di scommettere sui candidati repubblicani,
soprattutto negli Stati più in bilico nella corsa al Senato.
Gli ultimi dati della Federal Election Commission non
lasciano dubbi: negli ultimi sei mesi nei cosiddetti 'swing
statè il fiume di denaro messo a disposizione dal mondo delle
imprese è stato deviato dai democratici ai conservatori. Una scelta di
opportunismo da parte delle imprese.
"Wall Street si attende un ritorno agli investimenti, e non
ha senso puntare su chi molto probabilmente perderà la gara",
spiega una nota azienda di brokeraggio. Anche se in realtà in
molti Stati si è di fronte ad un vero e proprio testa a testa:
"È la gara elettorale più aperta da dieci anni a questa parte",
scrive Politico a proposito del voto di metà mandato.
C'è poi la convinzione - come si spiega nell'ambiente delle
lobby imprenditoriali - che in questa fase un Congresso
totalmente in mano ai repubblicani sia "meno rischioso" rispetto
alle posizioni più dure di gran parte democratici nei confronti
del mondo delle imprese. Lo stesso motivo per cui molti ambienti
di Wall Street hanno messo Obama nel mirino e hanno espresso
preoccupazione per alcune recenti uscite di Hillary Clinton,
finora vista molto vicina ai "poteri forti" del mondo della
finanza. Per non parlare di come venga vista come fumo negli
occhi Elizabeth Warren, possibile sfidante della Clinton nelle
primarie del 2016, considerata 'paladina dei consumatorì contro
le banche e i grandi gruppi finanziari.
"È sempre più probabile che in Senato si ristabilisca una
maggioranza pro-aziende", è la convinzione della camera di
commercio Usa, dove si sottolinea come l'insistenza della Casa
Bianca e di buona parte dell'establishment della sinistra sulla
riforma di Wall Street e dei mercati "ha reso più vulnerabili i
candidati democratici ovunque. Così che le società non sono più
disposte a firmare assegni a candidati che fondamentalmente non
sembrano rappresentare i loro interessi".
Ecco allora che nelle ultime settimane si è ridotto il flusso
di denaro finora confluito nelle casse di candidati democratici
che adesso rischiano di perdere il loro seggio senatoriale. È
il caso di Mark Begich, in Alaska. O di Kay Hagan in North
Carolina, dove il Pac di American Airlines l'ha tradita negli
ultimi mesi per il candidato repubblicano Thom Tillis. Stessa
sorte per i democratici Mark Udall in Colorado e Mary Landrieu
in Louisiana, abbandonata dalle aziende del settore energetico
che ora le preferiscono il repubblicano Bill Cassidy.
Intanto qualcuno guarda già alle midterm del 2018, se non
alle elezioni del Senato che si svolgeranno con le presidenziali
del 2016. Si intensificano infatti le voci su una possibile
candidatura della first lady, Michelle Obama. Anche se dal suo
entourage continuano a smentire categoricamente tale ipotesi. Ma molti
sostenitori del presidente Barack Obama starebbero letteralmente
implorando la popolarissima Michelle a fare il grande passo,
trasferendosi in California e candidandosi al seggio che
eventualmente resterebbe aperto se la senatrice Dianne Feinstein
decidesse di non ricandidarsi nel 2018.