Il voto. La Romania svolta a destra, con la Russia e contro l'Europa
Il candidato di estrema destra Georgescu, che ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali in Romania
Quasi tre anni di guerra in Ucraina presentano il conto nell’Europa dell’Est. Fa il rumore di una porta sbattuta in faccia all’Unione e alla Nato, e aperta in segno di benvenuto alla Russia di Putin, il risultato del primo turno del voto presidenziale in Romania. Sovvertendo i pronostici della vigilia, il più votato è stato il candidato di estrema destra, sovranista e filorusso, Calin Georgescu. L’8 dicembre si confronterà al ballottaggio con la giornalista e sindaca della piccola città di Campulung Elena Lasconi, del partito di centro-destra Usr. Quest’ultima ha superato, a sorpresa, di appena 2.500 voti il premier uscente di centrosinistra, l’europeista Marcel Ciolacu.
A Georgescu è andato il 22,9% delle preferenze, a Lasconi il 19,18, a Ciolacu il 19,15%. Quarto posto, con il 13,9% dei voti, si è piazzato George Simion che guida un partito sovranista filorusso. Quinto l’ex premier liberale Nicolae Ciuca, con l'8,8% dei voti. «L’estrema destra è di gran lunga il grande vincitore di queste elezioni», ha commentato il politologo Cristian Pirvulescu.Con un terzo dei suffragi in mano a candidati di estrema destra, la scelta al ballottaggio sarà fra un estremista e una moderata, sempre di destra. Clamorosamente smentiti i sondaggi preelettorali, che davano allo scontro finale il premier uscente Ciolacu e il filorusso Simion, entrambi usciti di scena.
Ciolacu ha annunciato le dimissioni dalla presidenza del Partito socialdemocratico (Psd), si è felicitato con Lasconi e ha fatto sapere che non impugnerà i risultati della consultazione nonostante lo strettissimo margine che l’ha escluso dalla corsa. L'affluenza è risultata in ripresa al 52,55%, oltre quattro punti in più rispetto al 48% registrato al primo turno delle precedenti presidenziali del 2019.
Se l’8 dicembre i rumeni scegliessero Georgescu, il terremoto politico non solo scuoterebbe la Romania ma investirebbe anche il futuro dell’Europa. Finora i 19 milioni di abitanti del Paese, membro Nato e confinante con l’Ucraina, hanno resistito alle posizioni nazionaliste, a differenza delle vicine Ungheria e Slovacchia. Per più di trent’anni, a plasmare la politica di Bucarest è stato il partito socialdemocratico di Ciolacu. Ma con le crescenti preoccupazioni per l’inflazione e per la guerra in Ucraina – con la quale la Romania condivide 650 chilometri di confine –, l’estrema destra ha guadagnato terreno.
Negli ultimi giorni Georgescu aveva lanciato una campagna virale su TikTok chiedendo di fermare gli aiuti a Kiev. Aveva anche espresso scetticismo sulla Nato. «Questa notte il popolo rumeno ha gridato per la pace. E ha gridato molto forte, fortissimo» ha detto il vincitore del primo turno.
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il 24 febbraio 2022, per la sua collocazione geografica sul Mar Nero la Romania è diventata strategica. Il think tank New Strategy Center ha definito «vitale per la Nato» il ruolo di Bucarest: dalla Romania transita il grano che è la ricchezza ucraina e qui hanno base oltre 5mila soldati dell’Alleanza Atlantica.«Monitoreremo il processo elettorale e vedremo chi vince» si è limitato a commentare il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. Aggiungendo che l’attuale politica di Bucarest «non è amichevole» nei confronti di Mosca.