El Salvador. Un giorno senza omicidi. Non accadeva da due anni
Non accadeva da 719 giorni. Cioè dal 22 gennaio 2015. Per questo, il capo della polizia nazionale, Howard Cotto, ha voluto dare l’annuncio su Twitter. L’11 gennaio scorso non c’è stato nemmeno un omicidio in Salvador. Un fatto inedito nel Paese più violento del mondo. Tanto da rimbalzare su tutti i giornali della nazione centroamericana, grande quando la Lombardia. L’anno scorso s’è concluso con 5.278 delitti, oltre 14 al giorno, con un tasso di 82 assassinii ogni 100mila abitanti. Nel 2015 era andata peggio: la media giornaliera era stata di 18 morti ammazzati, 104 ogni 100mila abitanti, l’anno più letale del dopo-guerra civile, di cui la violenza attuale è eredità avvelenata.
La guerra delle maras
Protagoniste principali - anche se non uniche - dell’attuale bagno di sangue sono le maras, gang formate a Los Angeles dai figli dei profughi del conflitto e importate in Salvador a causa della politica Usa di rimpatrio di massa. In quest’ultimo Paese - data la fragilità della democrazia, dopo dodici anni di guerra civile -, le maras sono cresciute, conquistando il controllo delle sterminate baraccopoli. Là impongono la loro legge feroce, nonché la “tassa” a ogni esercizio commerciale e, spesso, agli stessi residenti. Pochi dollari, eppure sempre troppi per chi vive ben sotto il livello di povertà. Ecco perché è cresciuto a livello esponenziale il numero di salvadoregni in fuga verso gli Stati Uniti. Soprattutto giovani e giovanissimi, che temono il reclutamento forzato. La mano dura dei governi salvadoregni - compreso l’ultimo, di centro-sinistra, del presidente Salvador Sánchez Cerén – non hanno migliorato la sicurezza.
La proposta di trattativa
Nei primi dieci giorni del 2017 ci sono stati 99 omicidi. L’11 la macchina della morte s’è fermata, almeno momentaneamente. Lo stop potrebbe essere legato all’intento delle tre principali maras - Mara Salvatrucha (Ms), Barrio 18 Sureños e Barrio 18 Revolucionarios - di avviare un negoziato con l’esecutivo. Attraverso un’intervista al quotidiano El Faro, i leader delle tre principali gang hanno chiesto di aprire un tavolo negoziale, sul modello di quello creato in Colombia per mettere fine alla guerra tra Bogotà e Farc. Ufficialmente, la proposta è stata rispedita al mittente. Forse, però, sottotraccia, qualcosa si muove